di Raffaele Vitali
MILANO/MONTEGRANARO – Macro problemi e piccoli passi avanti. A Milano, dentro i padiglioni del Micam di nuovo pieni, è inevitabile finire a parlare di questioni che vanno oltre la semplice scarpa che si sta vendendo. Ancora di più con Paolo Silenzi, imprenditore di Montegranaro e presidente di Cna Marche.
Silenzi, partiamo dal Micam: quali impressioni?
“La prima nota positiva è che sono tornati i buyer giapponesi e coreani. Finalmente le restrizioni degli anni passati sono venute meno e questo significa che la pandemia non è più un blocco insuperabile, i mercati sono parti”.
Quindi buone avvisaglie?
“Una fiera partecipata intanto significa contatti, movimento, curiosità. Molti clienti li abbiamo sempre tenuti vicini a noi grazie al digitale, ma vedersi in fiera è tutta un’altra cosa”.
Lei come attira i buyer dentro lo stand di Paul Silence?
“Con una collezione che abbina ai miei classici delle importanti novità, come la linea più aperta. La donna ha bisogno di scarpe che danno respiro al piede, da qui più sandali rispetto al passato per la prossima primavera-estate”.
Ma i clienti non hanno paura del caro energia e quindi di spendere?
“Il problema è reale e si ripercuote su ogni aspetto. Noi dobbiamo comprare materie prime che hanno avuto aumenti importanti. Faccio un esempio. Quello che prima producevo con 100mila euro, oggi ne costa almeno 130mila. Quindi ogni paio aumenta nel prezzo. È inevitabile il rincaro”.
Ma il consumatore finale è pronto a pagare di più?
“È il punto finale della montagna, si trova a valle e tutto ricade lì. È inevitabile. Ma l’imprenditore non può annullare le marginalità, almeno del 20%, perché si troverebbe a non investire più, a fermare la ricerca. Smetterebbe di fare l’imprenditore. Quindi ognuno deve fare la sua parte, ma bisogna rendere conscio il consumatore che caro energia, difficoltà di trasporti e caro materie prime sono reali. Chi entra negli stand oggi ha come obiettivo ottenere il prezzo migliore, ma l’imprenditore non deve commettere l’errore di annullare poi la sua redditività. Teniamo presente che la scarpa che ho venduto a marzo e produco in questo periodo ha dei costi molto più alti, quindi già si lavora con guadagni inesistenti, non si può fare a lungo”.
Ha pensato di investire nel fotovoltaico per ridurre i costi della fabbrica?
“All’interno di una strategia più ampia ha senso. Le imprese hanno bisogno di due tipologie di aiuti nazionali. Il primo è quello dei ristori per coprire bollette fuori controllo non per colpa nostra. Il secondo, invece, è agire sul credito d’imposta per investimenti in tecnologia, in sostenibilità, almeno il 50%. E poi c’è il nodo moratorie e rateizzazioni da concordare con le banche. Bisogna su quest’ultima questione coinvolgere di più il Confidi, che sonoun vero moltiplicatore. Lo dico soprattutto alla Regione”.