C’è qualcosa che non funziona a livello governativo, perché è come se esistessero due Italie: una del nord, che corre e sopravvive anche alla crisi, e una del sud, che arranca e quindi va aiutata. In mezzo, però, c’è un mondo fatto di persone, imprese e realtà che viene dimenticato.
Cambiano i governi, ma non le politiche, che con questa maggioranza diventano ancora più ficcanti: "L’obiettivo è portare il nord verso il sud e non il sud a livello del nord". Questo ribadiscono molti imprenditori dopo l’ennesima azione che va a favorire solo un pezzo del Paese, che in primis avrebeb bisogno di infrastrutture, come le Marche del resto.
La misura più contestata è quella che parla di una direzione del 30% della contribuzione, insomma un super sgravio che rende un dipendente del sud molto vantaggioso per una azienda. Con un rischio evidente: lo spostamento di produzioni da zone meno vantaggiose ad altre dove, va detto, la qualità sta raggiungendo i livelli della parte più dinamica del paese.
Stando al core business del fermano-maceratese, ovvero il calzaturiero, il dramma è dietro l’angolo. Perché questo sgravio renderebbe quanto già sta accadendo, la scelta di pugliesi e campani per far fare quello che i marchigiani realizzano bene ma a costi quasi doppi, una prassi naturale. Che poi dalla Puglia un imprenditore possa arrivare in un’ora in Albania e quindi usare anche la vantaggiosa manodopera del paese dell’Aquila, 300euro al mese, è un rischio forse non calcolato.
E allora, cosa fare? Di certo non fermare la rinascita del sud, ci mancherebbe. Ma almeno equiparare le zone più in difficoltà, a cosa serve essere area di crisi complessa?, al sud Italia. Le Marche sono definite la più meridionale delle regioni del nord, una definizione che ha sempre fatto infuriare politici e imprenditori, che mai avrebbero pensato di arrabbiarsi per non esserlo davvero.
* direttore www.laprovinciadifermo.com - presidente Cronisti Marche - @raffaelevitali