La struttura in mezzo al parco affidata all'arte di Vesprini, ma poi niente più.
FERMO – Quando si realizza qualcosa di bello, l’obiettivo dovrebbe essere in primis farlo conoscere, poi farlo vivere e infine, magari, migliorarlo nel possibile. Ma non sempre la logica vince. L’ultimo esempio arriva dal parco della Mentuccia di Fermo, quello che potrebbe essere il polmone della città da vivere e non solo da usare in via indiretta.
All’interno è stato realizzato da diversi mesi uno splendido murales, inserito nel progetto Fum, da Giulio Vesprini, l’artista fermano diventato negli anni un riferimento per la street artist di mezzo mondo. Un murales a terra, visto che Vesprini ha cambiato volto al playground del parco. Dall’alto sembra un pesce, per lui invece era un disegno geometrico e si chiama G041 (leggi e guarda LA REALIZZAZIONE). Colori sgargianti e una speranza, che i giovani ne facessero il loro luogo pomeridiano, magari capendo il senso del murales leggendo una targa, come previsto nel progetto Fum.
E invece, nonostante il parco venga abbastanza curato con l’erba tagliata e i cestini dei rifiuti svuotati, il campetto è abbandonato a se tesso. Non ci sono porte per il calcetto, promesse in fase di presentazione, non ci sono canestri: non c’è nulla che stimoli qualcuno a scendere la strada in discesa, tra l’altro priva di parcheggi, per raggiungere il parchetto.
Così, al massimo, ci si possono trovare cicche di sigaretta e un pallone sgonfio. Ed è proprio lui, un vecchio pallone da calcio giallo, l’unico protagonista di questa struttura gioiello che è entrata nei cataloghi internazionali per la sua bellezza e che presto potrebbe finirci per il suo abbandono. A meno che l’Amministrazione non decida di investirci, dargli vita, chiudendo qualche buca, ridando dignità ai gradoni, ripulendo anche le due casette esterne, dando così ai giovani del quartiere un motivo per passarci qualche ora.
Nel corso dei cinque anni se ne è parlato: c’è chi voleva un parc Guell fermano, chi un’area sportiva magari per mountain bike, il finale dopo cinque anni però è il murales a terra di Vesprini dove ci sono più segni neri di ruote di biciclette che gambe che corrono.
Raffaele Vitali