di Raffaele Vitali
SERVIGLIANO - Lo storyteller più famoso d’Italia, una delle voci più riconoscibili della televisione e del teatro, Federico Buffa è ormai un fermano d’adozione.
Sbarcato anni fa nelle Marche grazie all’intuizione di Gianmaria Vacirca, ex dg della Sutor, che lo convinse a diventare testimonial del brand calzaturiero Barracuda, Buffa ha pian piano scoperto la bellezza delle Marche e delle sue persone. Quando è arrivata la chiamata per partecipare a un festival che ha come obiettivo il rilancio dei comuni colpiti dal sisma nel 2016, non ha saputo dire di no.
Era il 2021. Poi però è arrivato il 2022 e lui di nuovo ha detto sì. Fino all’edizione del 2023 in cui, stupendo tutti, organizzatori inclusi, ha deciso di ‘regalare’ ai marchigiani quattro spettacoli. Di cui uno dedicato a Michael Jordan in anteprima, (16 dicembre a Servigliano), oltre ai grandi campioni come Maradona, Pietro Mennea (venerdì 18 a Sant’Angelo in Pontano), Muhammad Alì (14 ottobre a Grottazzolina).
Buffa, cosa sono le ‘storie’ per lei?
“Sono qualcosa che c’è sempre stato, che partono da quando l’homo Sapiens ha vinto il derby con l’uomo di Neanderthal. Vince perché ha accesso all’immaginazione, a cose che lui comprende a prescindere che le abbia viste o meno. Le storie ci sono, ci sono state e ci saranno sempre”.
Cosa l’ha colpita del Festival Storie che porta cultura nei piccoli borghi?
“Mi sono avvicinato tempo fa a questo territorio. Prima grazie a Gianmaria Vacirca, poi ho conosciuto Fabio Paci ed è nata una grande amicizia. Ho visto i vostri teatri, luoghi di incantevole bellezza martoriati dal sisma. gli chiesi se potevo fare qualcosa. Mi rispose che si stavano organizzando e quindi ho atteso solo la chiamata. Sono bastati pochi mesi ed è nato Storie, una prima risposta a chi merita vicinanza”.
Buffa, ma lei come sceglie i suoi personaggi?
“Ci sono incontri casuali, ma c’è anche grande ricerca. Ho una attrazione per atleti che non ci sono più. Del resto è più facile raccontare la parabola e mi piace parlare del lascito”.
Dopo Maradona, icona mondiale, venerdì è il giorno di Pietro Mennea, cosa devono aspettarsi gli spettatori?
“La presenza di Nazareno Rocchetti è il vero motivo della serata. È stato il massaggiatore di Pietro e lo è stato anche nel giorno del primato mondiale a Città del Messico. Ho avuto l’enorme privilegio di conoscere l’ex primatista Tommy Smith. E ogni volta che vede la vedova Mennea, si leva gli occhiali, si asciuga gli occhi e se li rimette. Un momento commovente. Pietro è l’uomo che lui voleva battesse il suo record. Lo sport dà il meglio quando ci sono i passaggi di testimone tra grandissimi atleti che capiscono che è arrivato il momento di un altro”.
A ottobre ecco Mohamed Alì, un grande classico: ha ancora qualcosa di contemporaneo?
“Maradona ha cambiato la percezione dello sport, Alì ha dato tanto. È un immortale, un soggetto che non ha tempo, può nascere un campione come lui, ma non un uomo. Ma perché non ci sono i tempi per avere quelle caratteristiche. Nel passato c’era un impegno più forte da parte degli atleti. Oggi hanno un altro accesso allo sport, ci sono le famiglie che ti spingono allo sport professionistico, si arriva prima, c’è già chi ha il procuratore a 13 anni”.
Il suo regalo più grande arriva per Natale, uno spettacolo dedicato a Jordan. Sarà il gioiello del 2024?
“Non proprio. Jordan è un uomo che ho visto giocare almeno 100 volte sul campo. E devo dire che chi lo ha visto sul parquet ha una percezione completamente diversa da chi lo ha guardato in televisione. A bordo campo percepivi l’unicità. Per quanto riguarda lo spettacolo, sarà qualcosa di unico, non lo replicherò, anche perché mi mancherebbe il pianista. Quindi, data unica pensata proprio per Servigliano, che tolta casa mia è il posto dove ormai sono stato più volte”.
Atleti contemporanei, forse LeBron James con la sua storia potrebbe essere uno stimolo narrativo?
“Non è un caso che sia stato il primo a twittare dopo la morte di Mohamed Alì, l’atleta che davvero ha aperto la strada agli afroamericani. LeBron lo guarda, lo ammira, non ha la sua potenza ma si è esposto. Un esempio? Quando il quarterback Colin Kaepernick si è inginocchiato in segno di protesta, non ha più giocato. Sembrava di tornare indietro ai tempi di Tommy Smith, poco è cambiato. Il giocatore poteva perdere tutto. E invece LeBron ha avuto un ruolo chiave per fargli garantire una sponsorizzazione milionaria dalla Nike. La stella dei Lakers gli ha riconosciuto di avere avuto coraggio, diversamente da tanti di loro”.
Buffa, le Marche ormai l’hanno adottata. Si sente a casa?
“Lo dicono i numeri, se ci fosse il passaporto, i timbri sarebbero tanti”.
La sua prima volta è arrivata grazie a Vacirca, un passato alla Sutor in serie A, anni come uomo marketing di Fabi, poi un passaggio nelle minors del basket dorico. E ora Milano. Possiamo dire finalmente?
“Un uomo grandioso, a parte il fatto che è stimolante in maniera straordinaria. Voleva il basket di grande livello, è il suo mondo. Magari non immaginava Milano, ma è legittimo che vada lì. Ha lasciato un segno nel basket marchigiano, ha fatto bene alla Fabi, è un innamorato di Sirolo e delle Marche. Tornerà, non ho dubbi. Ma quello che fa all’Armani è perfetto per lui e la società ne avrà grandi vantaggi”.
In una tv frenetica, con news h24 e serie che cambiano ogni due giorni, i suoi ritmi sembrano fuori dal tempo. Eppure…
“Boh, mi verrebbe da dire. Io ho radici nel 900, più che nel nuovo millennio. La frenesia di oggi è per me impraticabile. Le storie sono lente per lo standard, ma a quanto pare piacciono ancora”.
Buffa, lei è sempre disponibile con le persone dopo gli spettacoli. Sembra l’amico di tutti. Ma cosa è per lei l’amicizia?
“Con le persone che non conosco il mio atteggiamento è un segno di rispetto, chi si avvicina con educazione merita attenzione. E per questo lo faccio, se non ci fosse chi ascolta non ci sarebbe chi parla. L’amicizia è una cosa che tesorizzo, come quella con Fabio e Gianmaria. Conosco tante persone ma ne frequento veramente poche”.