di Raffaele Vitali
FERMO - La Infinitae Odv è un’associazione di volontariato pensata a sostegno delle donne che attraversano un percorso oncologico di intervento al seno.
Venticinque donne si sono conosciute grazie al dragon boat, una originale imbarcazione, e hanno sentito l’esigenza di colmare un altro desiderio, essere di supporto e ascolto, di provare a dare risposte alle donne che dopo la diagnosi, il percorso sanitario e un ritorno a una normalità che è differente dal prima, hanno bisogno di una presa in carico emotiva, di un aiuto per le risposte, di un’idea di futuro attraverso l’esperienza di altre donne.
Prevenzione, eventi e sport che riabilita: ecco i tre pilastri delle Infintae guidate da Rachele Zeppilli. Che hanno trovato subito accoglienza in Emanuele Del Moro, presidente della Croce Verde, che ha ospitato il debutto: “Siamo a disposizione, con la nostra struttura, vogliamo crescere insieme con voi”. Di fronte a loro una sala strapiena che ha stupito tutte. Anche perché c’erano tutti i vertici delle istituzioni locali, dal comune alla regione passando per la provincia e la sanità.
Davanti a loro Rachele Zeppilli, la presidente con il suo obiettivo: “Creare una rete sul territorio. Grazie a mariti, figli e compagni che ci hanno supportato e sopportato, sono stati i primi a credere in noi oggi siamo qui. Certe del sostegno delle istituzioni”.
Sullo sfondo c’è il logo: il rosa rappresenta il fiocchetto della prevenzione, “siamo nate il 27 di ottobre”; il verde è la coda del drago, “il nostro punto di forza”; il nome deriva dall’infinitus latino, “l’abbiamo reso sostantivo plurale femminile. Infinitae sono le stelle, gli abbracci e le mani che noi vogliamo tendere alle donne operate al seno”.
LE ISTITUZIONI
L’applauso è spontaneo e anticipa quello per il sindaco Paolo Calcinaro non è voluto mancare: “La malattia oncologica è una vera piaga. Spesso si pensa che ‘non tocca me o arriverà tardi’. E invece no, può colpire senza sintomi e in qualsiasi momento. Per questo è fondamentale la prevenzione e la cultura della prevenzione. Me lo ripeto da solo. Noi siamo spesso presi da vite che vanno a una velocità incredibile e non concediamo spazi per questo. Lo dico perché me lo dico. Cosa può fare l’amministrazione? Supportare chi si impegna, dall’Ant alla Lilt, dall’Anpof allo Iom fino alle Infinitae. Dobbiamo continuare e fare sempre di più”.
Andrea Putzu è la voce della regione: “Siete tantissimi. Come Regione Marche abbiamo fatto una legge nel 2021 per il rimborso delle spese delle cure oncologiche, con due milioni stanziati. Questo per vitto e alloggio anche all’accompagnatore fino a un massimo di 3mila euro. Ma la risposta più grande è nella prevenzione e dobbiamo accelerare nella prevenzione. Infinitae abbina sport e sociale, accompagnando le persone nel percorso di guarigione. Dobbiamo noi istituzioni unirci per supportare le associazioni di volontariato, specialmente che coinvolgono anche lo sport. Entrare nelle scuole è fondamentale. In bocca al lupo per questo percorso”.
Infine Michele Ortenzi, presidente della Provincia: “Livini ci ha fatto crescere. In questi anni ci siamo resi conto delle possibilità di cura della malattia oncologica, ma abbiamo compreso che serve altro per guarire e continuare alla vita precedente. Serve sorridere, serve la psicologia, servono le istituzioni. A Montegiorgio da anni siamo impegnati, anche grazie a Laura Marziali che ha permesso di arrivare all’oblio oncologico. Grazie a queste prime 25 donne che si sono messe insieme.
LA CPO
La voce delle donne risuona forte dentro la sala della Croce Verde. La porta Maria Lina Vitturini, presidente della Cpo regionale, a nome anche della Cpo provinciale e di quelle di Fermo e Porto San Giorgio, che in sala hanno diverse componenti : “Siete un gruppo di donne foltissimo. Insieme si esorcizzano le malattie. Noi vi patrociniamo e vi saremo vicine anche per il futuro. Da tre anni che ci siamo insediate, perseguiamo il filone della medicina di genere. Per troppi anni le donne sono state considerate dei piccoli uomini, invece si è capito che ci sono differenze e influenze sula salute delle donne, sociali e culturali, da non dimenticare”.
L’ATTIVISTA
Laura Marziali, attrice e attivista, prende poi il microfono e legge un testo dedicato al ‘tempo’ che passa e cambia, ma che conferma in ogni suo attimo l’importanza dell’esserci, anche nel giorno della diagnosi del cancro. “Un momento che diventa una cesura, una nuova nascita nella vita stessa. Si diventa altro quando si ha il cancro, si è sospesi, infinti ma finiti e desiderosi di vivere” legge con tono deciso.
“Oggi possiamo stringere mani, dare sguardi, abbiamo di fronte persone pronte a sostenerci. Le nostre storie di dolore hanno un potere enorme, i corpi sono manifesti politici, le patologie non definiscono chi siamo ma contornano i diritti. Il cancro quando arrivo porta via tanto, ma mai la voglia di creare sinergia per curarlo, per renderlo consapevole. Se siamo qui e siamo vivi è perché dobbiamo e possiamo fare di più”.
Ha dedicato impegno e tempo per far sì che il Parlamento affrontasse il tema dell’oblio oncologico. E alla fine ha raggiunto il suo scopo, o meglio ha tagliato il primo traguardo di una corsa lunga. “A livello sociale le persone ti vedono in modo diverso, una volta che sanno che sei malata. Ti vedono come fragile e vulnerabile, ma anziché abbracciarci il sistema ci giudica. Questo capita continuamente. Ma c’è un dopo e bisogna far capire alle persone che dal cancro si può guarire. Invece la patologia totalizzante viene vista come qualcosa di totalizzante e che crea differenze. Dopo la patologia arrivano le discriminazioni, lo stigma”.
Il 5 dicembre si è arrivati a una legge sull’oblio oncologico, il diritto di non dover più dichiarare di aver avuto il cancro. “Questo dopo i dieci anni dall’ultimo trattamento attivo. Per noi è un primo passo. Vogliamo rendere i tempi definiti per ogni tipologia di malattia. Raccontatevi sempre, solo così cambieremo, dobbiamo uscire dalle nostre stanze e vivere la collettività”.
I MEDICI
Se le Infinitae sono qui è anche per il supporto di chi l’Oncologia a Fermo la guida, il primario del Murri Renato Bisonni, e il senologo Luigi Acito. “Chi entra al Murri trova diversi servizi: day hospital; ambulatorio follow up, perché il rischio che la malattia torni decade con il tempo ma il paziente va seguito. E sono 5mila i pazienti seguiti; ambulatorio di genetica oncologica, nato sotto la direzione del dg Livini (in sala anche come nuovo presidente Iom, ndr). È l’unico tra Macerata, Fermo e Ascoli; hospice gestito insieme con L’Abbraccio per dare ai pazienti che non sono riusciti a superare il tumore trovano la dignità dell’accompagno fino all’ultimo momento; guardie interdivisionali”.
Pochi ma buoni i medici del Murri, che garantiscono pur sotto organico le prestazioni. L’Ast guidata da Roberto Grinta ha promesso, durante la presentazione della nuova sala d’attesa del reparto, che il potenziamento atteso, a cominciare dalla sostituzione del pensionato Acito, è in arrivo.
“Noi – ribadisce Bisonni - abbiamo bisogno del supporto delle associazioni, ognuno prende un piccolo spazio. Con il forum della Marcangola, fondato con la professoressa Berardi, ci confrontiamo, ragioniamo e ci uniamo nel far uscire esigenze e opportunità. Siamo tra le più grandi oncologie delle Marche: Torrette, Macerata e Fermo fanno numeri più grandi di Pesaro. Siamo orgogliosi del nostro lavoro che ci permette di ridurre la mobilità senza mai far mancare l’impegno, come dimostrano le 13400 giornate di prestazioni già garantite”.
Ad Acito, che con Bisonni ha condiviso per decenni il reparto e ora il volontariato con la casacca della Lilt, il compito di parlare di come l’oncologia stia evolvendo. “Il reparto ha l’armadietto finalmente pieno di farmaci, anche gli ultimi creati. E sono arrivati farmaci che hanno rivoluzionato la storia naturale delle nostre pazienti oncologiche con tumore al seno. Sono 40 anni che mi occupo di oncologia e senologia. C’erano solo due strade, ormonoterapia e chemioterapia, per curare. Ora abbiamo terapie sartoriali, il farmaco giusto alle dosi giuste per il giusto paziente. Questo grazie all’arrivo sul mercato di farmaci ad azione mirata, è l’oncologia di precisione. Penso agli anticorpi monoclonali e agli inibitori”.
In Italia la sopravvivenza delle pazienti è più alta rispetto alla media europea. Anche grazie all'organizzazione. “Ci sono 800mila donne con diagnosi di tumore al seno, la metà ce l’ha avuto almeno dieci anni prima. L’ambulatorio di follow up si rivolge a chi continuiamo a controllare”.
E poi c’è il terzo e ultimo sguardo che si muove tra il pre e il post diagnosi. “La prevenzione primaria è ambiziosa, vorremmo impedire che il tumore arrivi, possiamo aiutarci con alimentazione sana, non fumare, poco alcool, attività fisica, e in questo il dragon boat aiuta, ma no è portare a spasso il cane ma andare leggermente in affanno respiratorio e cardiaco: così riduciamo del 30% il rischio di tumore al seno. Poi c’è la secondaria, quella che ci permette di scoprire il tumore precocemente: la pratica dell’autopalpazione, che va insegnata in particolare alle over 25, la fanno bene solo 2 su dieci, 4 su dieci la fanno male e altrettanto non la fanno. E poi gli esami come mammografia e risonanza, aderendo alle campagne di screening che parte dai 45 anni. Infine, c’è la riabilitazione: la prima è quella sociale, quella psicologica, quella lavorativa e quella sportiva, come il dragon boat. Tutto questo mi fa oggi dire a voi Infinitae: grazie di esistere”.
LA PSICOLOGA
Barbara Esperide si muove da tempo tra le stanze, i letti e le poltrone dell’oncologia, lei è una delle prime psiconcologhe delle Marche. “Noi che aiutiamo e supportiamo valiamo il 50%, il resto è nelle mani delle donne che affrontano la malattia. Il modo di collaborare e di muoversi è sempre più integrato e interdisciplinare in cui entrano anche le associazioni. Ognuno lavora per un pezzetto e completa il puzzle. Dalla psiconcologa al fisioterapista, dall’oncologo al nutrizionista. Ci sono emozioni forti, vivide dalla diagnosi al trattamento senza dimenticare il periodo del follow up”.
In tutto l’iter diagnostico terapeutico serve un supporto psicologico. “Noi dobbiamo dare coraggio, forza, ma anche aspettative realistiche al paziente. Sapendo quello che è in grado di accogliere. Se Infinitae ha 25 membre, in realtà è molto più grande: l’una ha bisogno dell’altra nel rispetto della propria individualità”.
L’IRONIA
E poi, da in mezzo alla sala gremita, spunta Piero Massimo Macchini. A lui il compito di scherzare, di alleggerire, ma sempre facendo riflettere. “Come si fa a essere leggeri? Io scemo ci sono nato. Ma come si fa a ridere quando non c’è nulla da ridere? È lì che l’umorismo aiuta”. Un esempio rende l’idea: “L’uomo che cammina sulla strada scivola sulla buccia di banana e noi ridiamo. Ma quello si è fatto male. Noi ridiamo per demonizzare la paura che abbiamo, che è quella della morte. “Ridiamo perché non è successo a noi. Ridendo riusciamo a sentirci vivi”.
Ridere non è sempre facile: “Dobbiamo cercare quello che ci fa stare bene, l’umorismo è un percorso di benessere. Cosa ci fa stare bene, cosa ci provoca una risata? Cerchiamola, troviamola e impariamo a ridere anche di noi, riusciremo a far vincere la parte che ci fa stare bene, anche contro quella per cui stiamo male. Una volta che impari a ridere, non ti scordi più”.
PRESIDENTE E CAPITANA
“Ci siamo trovare un anno fa in un progetto sportivo, poi ci siamo allontanate, ma non siamo riuscite ad allontanarci noi. Siamo rimaste una squadra, una vicina all’altra. Condividiamo storie, quotidianità, sorrisi. Questo ci ha spinto a dire che quello che fa stare bene a noi, può farlo anche ad altre. Le Infinitae sono per lo più donne operate al seno, ma ce ne sono altre che non lo sono ma fanno parte di noi. L’unione non è solo data dalla malattia. Infinto ci ricorda Leopardi, la siepe per molti di noi stata la malattia e noi abbiamo scelto di guardarla non abbassando gli occhi per paura, ma guardando oltre. Non si è la stessa persona dopo l’intervento. Sono una fisioterapista, molte donne che incontro hanno paura della vita che torna alla normalità, delle relazioni affettive con i familiari, del lavoro, dell’andare in palestra. Quindi noi daremo sostegno” ribadisce Rachelle Zeppilli.
Ma cosa faranno? Barbara Ferroni è la capitana delle Infinitae, una pagaia di quel dragon boat che è pronto a solcare il mare, e a lei spetta definire i ‘non’ confini di chi mira all’infinito. “Progetti con le associazioni amiche. E poi c‘è il dragon boat, stiamo diventando una squadra con la nostra canoa per dieci o venti persone con timoniere e tamburina a prua che batte il ritmo. Lo scopo dell’attività, che svogliamo a Porto Sant'Elpidio grazie al supporto dei Marinai d'Italia, è pagaiare in sincrono per far modo che la barca possa muoversi. Un’attività consigliata per il post operazione al tumore al seno. Il movimento ciclico e ritmico aiuta e limita lo sviluppo del linfedema”.
In Italia ci sono 50 squadre che si sfideranno nel campionato nazionale in programma tra mesi a Palermo. Le dragonesse si allenano e si preparano per l’appuntamento che non è tanto la gara in sé, ma l’incontrarsi con donne di tutta Italia da cui imparare.
Si chiude così un grande pomeriggio, con l’aperitivo preparato dalla Fattoria Monte Pacini e un matching tra personec he può solo fare bene a Infinitae che ha bisogno del supporto di tanti. Perché oggi si sono autotassate e hanno comprato un dragone usato, ora in fase di rigenerazione, e così le mute e tutto quello che serve, ma le risorse sono necessarie come gli sponsor che non potranno che farsi conquistare da donne che la siepe di Leopardi non solo la travalicano con lo sguardo, loro la potano e ci passano sopra.