di Francesca Pasquali
FERMO - Cinquanta euro per una giornata nei campi. Con solo una piccola pausa per mangiare un panino. Poi, di nuovo con la schiena curva, a raccogliere verdure e ortaggi, e la minaccia che, altrimenti, il giorno dopo non sarebbero stati chiamati. Il caporalato non esiste solo nel sud Italia.
A sbatterci davanti alla faccia la crudeltà di una pratica che nega ogni forma di diritto ai lavoratori è un'operazione congiunta, coordinata dai carabinieri di Fermo. Un mese di indagini, dirette dalle Procure di Fermo e Macerata, che hanno portato alla denuncia di sette pakistani. Che avevano messo su un sistema di reclutamento a tappeto.
Tutto è partito da Montegranaro, dove, all'inizio del mese scorso, i carabinieri avevano notato uno strano andirivieni di pakistani che, nelle prime ore del mattino, salivano su auto e furgoni guidati da connazionali. Con l'aiuto dei nuclei carabinieri Ispettorato del lavoro di Ascoli Piceno e Macerata e dai colleghi di Sant’Elpidio a Mare, Petritoli e Monterubbiano, i militari hanno osservato per alcuni giorni i “movimenti”.
Poi, sono scattati i pedinamenti. In vari punti della cittadina e di quelle vicino, dove i lavoratori venivano caricati, per essere portati in campi agricoli di diversi comuni del Fermano e del Maceratese, dove venivano impiegati nella raccolta di verdure e ortaggi, dalle 8 di mattina alle 18.30.
Dalle verifiche sull'identità dei “caporali” è emerso che erano titolari di aziende agricole con sede nel Maceratese. Nelle prime ore della scorsa mattinata, dopo aver aspettato l’arrivo di tutti i braccianti, i carabinieri sono intervenuti nei campi, dove hanno identificato una quindicina di braccianti, tutti di origine pakistana, alcuni dei quali clandestini, e bloccato altri sette pakistani, tutti residenti nel Maceratese, ritenuti responsabili a vario titolo, in concorso tra loro, di intermediazione di manodopera e sfruttamento del lavoro, oltre che di sfruttamento e favoreggiamento di clandestinità, impiego di manodopera priva di permesso di soggiorno e altre violazioni della normativa per la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Due sono risultati pure in possesso di patenti di guida contraffatte. Sono, perciò, anche stati denunciati per ricettazione, detenzione e utilizzo di atto falso. Uno non doveva neppure essere in Italia, visto che era stato colpito da un decreto di espulsione emesso lo scorso ottobre.
I veicoli usati per accompagnare i lavoratori nei campi sono stati sequestrati. Le attività lavorative sono state sospese per gravi violazioni in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e per impiego di manodopera in nero. Ai sette “caporali” sono state comminate anche 71euro di multa e 22mila di sanzioni amministrative.