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Maulini, il prof che parla ai giovani. "La cultura si trasforma e dà lavoro"

12 Febbraio 2020

Docente al Dams, consulente di marketing nel settore culturale, sarà protagonista sul palco del Giusti giovedì dalle 1730 con il Marche Tube X.

Non solo il mondo dell’intelligenza artificiale cambia. Non ci si può stupire: la base della trasformazione si trova dove si studia, dove si fa cultura. Dove opera Andrea Maulini, professore al Dams e direttore generale di Profili, società di consulenza di marketing e comunicazione nel settore culturale. Il suo mondo sarà parte, domani dalle 1730 all’auditorium Giusti di Sant’Elpidio a Mare, del Marche Tube X.

Maulini, cambiamento e trasformazione, due parole che fanno parte della cultura anglosassone. E l’Italia?

“Situazione complessa. I Paesi anglosassoni sono diversi. In Italia non siamo all’età della pietra per cultura e comunicazione. Le nostre strutture culturali sono tra le più famose del mondo, dai teatri ai musei passando per l’architettura, per cui da tempo si è imparato come comunicare a chi non è italiano”.

Necessità più che voglia di cambiare nel mondo culturale?

“Non c’è stata una vera innovazione interna, ma in maniera esterna le strutture culturali si sono dovute muovere. Per l’Istat il 23% degli italiani va a teatro e il 28% va a vedere una mostra, due dati in continua crescita. In questo contesto è necessario evolvere. Il turismo culturale ha delle caratteristiche molto precise perché si rivolge, spesso, a un pubblico molto evoluto: più del 50% dei fruitori sono laureati, parliamo della fascia 35-55, persone informate, evolute e consapevoli delle scelte che fanno. Soprattutto da anni utilizzatori del web. Da qui la comunicazione digital sulla cultura che cresce”.

Ci sono le competenze per dare le risposte?

“La comunicazione della cultura è l’asset principale. L’ufficio stampa è nato in ambito culturale e ha grande capacitò di parlare del territorio. La preparazione è complessa: lavorare in questo settore significa sapere di cultura e poi saper usare strumenti evoluti, visto che si parla a un pubblico esigente, informato e utilizzatore del web. C’è un gap che si sta colmando con le nuove generazioni, che sono formate da corsi universitari. Ma il settore ha dei vertici ancora old. Da una parte quindi si ha a che fare con strutture apicali non facili da cambiare e dall’altra con un pubblico che invece richiede livelli più alti”.

Dove trovare un aiuto?

“Da consulente, oltre che professore, ho numerose richieste di enti e istituzioni che chiedono di collaborare. Si cerca di colmare così la discrasia tra i vertici e chi invece sotto corre”.

Il mondo culturale innovato da fuori ancora prima che da dentro?

“Il pubblico spinge. L’innovazione è induttiva. Il pubblico chiede e consiglia. Finalmente si usano i social nelle imprese culturali, c’è anche chi pensa a tic toc. Ma altrimenti non si danno risposte al pubblico. Questo comporta che per stare al passo con i tempi, la comunicazione della cultura stia sempre un passo avanti agli altri settori, di almeno un lustro”.

Ma la trasformazione cosa è: sfida, processo inarrestabile, situazione complessa?

“La cultura interna alle aziende culturali non è prettamente di management. E per di più la cultura italiana è stata abituata ad avere un sostegno pubblico consistente, quindi molte strutture non lavoravano in ottica manageriale, perché c’era la base garantita. Ma, sia chiaro, non significa che non facevano nulla, ma che ci si muoveva in una logica totale di no profit. Con l’attenzione ai risultati è iniziata una trasformazione, ancora un po’ dispersiva. Ci sono strutture come il Piccolo di Milano che ha una direzione marketing strutturata simile all’azienda, con sistema informativo, previsioni di vendita e piano di comunicazione, poi ci sono altre realtà che hanno appena iniziato il percorso. Ed è questo il momento chiave per crescere”.

La cultura sembra un settore in cui la parola cambiamento non spaventa.

“Spaventa, ma siccome calano i soldi pubblici, avvicinandosi sponsor che non sono semplici mecenati, che non pensano più solo al logo sulla brochure ma alle politiche di comunicazione, ed essendoci un pubblico che continua a chiedere, la trasformazione sta cominciando ad accadere. A nostro modo, che è diverso da quello anglosassone, la storia del San Carlo di Napoli non potrà mai essere raccontata come quella di un teatro di Londra, molto più recente. La via Italia alla trasformazione è sicuramente più calda”.

Maulini, in chiusura: chi parteciperà giovedì pomeriggio al Marche Tube X a Sant’Elpidio, cosa si riporterà a casa?

“Una testimonianza su un settore che viene considerato figlio di un Dio minore, dal lato comunicativo, e che invece è molto più attivo e interessante e professionale di quanto sembri, dove i giovani comincino ad arrivare ai vertici. C’è da imparare, così come so che imparerò ascoltando gli altri relatori”.

r.vit.

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