FERMO - Riprendiamo la pubblicazione delle opere degli autori che hanno partecipato a ‘Marche ti Racconto’.
È il turno di Elena Belmontesi. Nata a Smerillo è logopedista, lavora prevalentemente con i bambini e risiede a Monte Urano. È un’appassionata di montagna, soprattutto dei Monti Sibillini che spesso descrive nei suoi racconti insieme ai piccoli borghi e alle colline della sua zona di origine. Nel suo stile tornano spesso termini in dialetto. Ha scritto numerosi libri per Giaconi Editore, il primo nel 2012 è stato ‘Guarda chi si vede’, l’ultimo nel 2022 ‘Cuori sotto rete’.
ADDOBBI DI NATALE
Una tenda di stoffa fiorata a dividere quella stanza al piano terra della casa del paesino di montagna
a ridosso dei Sibillini. Nella parte anteriore, verso la finestra due tavoli accostati all’angolo servono
come base per quello che si trasforma pian piano nello spettacolo di Natale. Oltre la tenda, tutto il
resto: scaffali con le marmellate e le bottiglie di salsa di pomodoro, pentole enormi usate nelle
grandi occasioni, la damigiana dell’olio, le sedie in più, quelle che si usano quando siamo in tanti
intorno alla tavola e, di intralcio, gli scatoloni che contengono tutti gli addobbi dell’albero e del
presepe e che, a mano a mano che procederanno i lavori, verranno accantonati altrove.
È l’8 dicembre e si comincia.
Babbo ha recuperato delle lunghe verghe flessibili e le fissa ai lati dei tavoli poi fissa le estremità in
alto formando una volta: con la carta apposita sarà il cielo stellato della rappresentazione della notte
santa.
Il presepe vero e proprio è ancora solo un’idea nella mente di babbo e nei sogni di noi figlie che
aspettiamo con ansia il momento a noi riservato: la posa dei pupazzetti.
Intanto però i tavoli sono ancora sgombri.
I lavori procedono di sera, quando babbo torna dal lavoro e, andando a chiamarlo per avvisare che
la cena è in tavola, non è raro trovarlo sotto ai tavoli ad intrecciare e strecciare fili elettrici, a
provare meccanismi che l’anno prima funzionavano e quest’anno sembra non ne abbiano voglia.
A noi è assolutamente vietato toccare quello che c’è sotto ai tavoli ma guardarlo trafficare lì sotto
evoca l’immagine di un bambino alle prese con il suo giocattolo preferito.
Tra facce serie, risate, fischiatine e qualche moccolo il gran caos comincia a prendere forma, o per
lo meno a ordinarsi un po’, facendo corrispondere i fili sotto ai tavoli ad alcuni pupazzi in
movimento in superficie: il motore del tergicristalli fa oscillare due pupazzetti come se stessero
segando un gran tronco di legno, parte del motore di una vecchia lavatrice fa girare i soldati della
ronda, un altro meccanismo complicato regola il passaggio dal giorno alla notte, un altro fa
attraversare il cielo dalla stella cometa, un altro ancora dà l’illusione che stia nevicando, qualcosa
che non è certo il vento fa girare le pale di un mulino. E poi ancora: le luci speciali dentro alla
capanna con un angelo che sembra girare di continuo, l’acqua che scorre veramente ha sostituito
quello specchio rubato in camera di nonna che fingeva di essere un lago, corredato dalla lingua di
carta stagnola a rappresentare il fiume emissario.
I giorni corrono e il Natale fa sentire il suo calore sempre più ma c’è ancora tanto da fare a casa
nostra.
Se babbo è impegnato nei suoi meccanismi, mamma non è da meno ed è lei che si occupa della
ricerca del muschio. Cesti in mano si avvia nel bosco per sentieri che solo lei conosce e che
conducono ai morbidi e ricchi cuscinetti verdi. Ne fa buona scorta e li trasporta a casa con tutto il
loro profumo di bosco.
Una volta che tutti i meccanismi sono al loro posto si piazzano le fascine che verranno ricoperte di
carta roccia a simulare le montagne.
La sistemazione del muschio sul presepe prevede la partecipazione di tutti e due i genitori: mamma
prende le “pellicce”, come chiama lei i ciuffi di muschio che, con la loro morbidezza, ricordano il
pelo di alcuni animali, le pulisce dai residui di terra e le passa a babbo che le sistema con accortezza
sul presepio, nei punti e nel modo che solo lui sa. A questo punto fa emergere le lucine che
rimangono nascoste tra i ciuffi e sistema le casette che ancora sono nello scatolone infilando alla
loro base una lucina. Si allontana, dà un’occhiata generale per controllare che tutto sia in ordine e
poi lascia campo libero a noi bambine.
<Quelle pecore sono troppo ammucchiate!> mi dice mia sorella con l’aria di saperla lunga, ma io
rispondo prontamente <Altrimenti non si chiamerebbe gregge!>.
Per tutto il tempo che impieghiamo a sistemare i pupazzetti l’aria si satura di battibecchi e
puntualmente interviene mamma a richiamarci <a sentire voi due non sembra affatto che il Natale
porti la pace!>
<Piuttosto sbrigatevi che c’è ancora da fare l’albero! Tutti gli anni la stessa storia! Se non arriviamo
a finire gli addobbi la sera della vigilia non siamo contenti!>
Mentre babbo completa l’opera del presepe aggiungendo la musica che parte all’accensione di tutti i
meccanismi, mia sorella ed io ci occupiamo dell’albero.
L’abete vero che mamma ha sistemato in un vaso di terra è pronto. Quest’anno è andata bene!
Alcuni anni mamma non ha trovato l’abete e ci siamo dovuti accontentare di un ginepro, che a
vederlo è bello ugualmente ma non si può dire lo stesso della facilità di addobbarlo: quante punture
abbiamo preso dai suoi aghi!
La procedura è standard e collaudata: tre file di luci a girotondo: quelle a forma di pigna, quelle a
babbo Natale che tendono a cadere man mano che si scalda la plastica e quelle a lanterna.
Poi tocca alle palle. <Attenzione a quelle di vetro!> continua a ripetere mamma, ma forse a causa
della troppa prudenza, puntualmente, almeno una, se ne rompe.
Per finire i fili d’argento e d’oro e il puntale rosso. Fatto!
<Appena in tempo per la cena> sospira mamma
La tavola della vigilia ci aspetta: risotto con il pesce, pesce fritto, broccoli lessi e pizza con le noci e
i fichi. Anche quest’anno la tradizione è rispettata