FERMO - Il quadro epidemiologico migliora molto più lentamente di quello che il sistema sanitario e lo stesso presidente Francesco Acquaroli si auguravano.
“Purtroppo la curva dell'andamento dei contagi, che aveva iniziato a decrescere già da due settimane, flette molto lentamente e addirittura nella scorsa settimana, per alcune fasce di età, nonostante le scuole chiuse, continuava a crescere” spiega Acquaroli.
I prossimi giorni saranno decisivi per la Pasqua dei marchigiani: “Mi raccomando di prestare la massima attenzione, non solo perché l'andamento della settimana che sta per iniziare sarà determinante a dirci come saremo classificati dal Ministero, ma soprattutto perché la pressione ospedaliera è molto alta e dobbiamo riuscire ad abbassarla”.
Un esempio arriva dal Murri, dove anche i due posti jolly di terapia intensiva, tenuti per garantire le operazioni, sono stati occupati nelle ultime ore. “A un anno dall'inizio di questo incubo, sono comprensibili la stanchezza e l'esasperazione e le conseguenze sociali ed economiche di queste restrizioni, ma la salute resta assolutamente l'obiettivo prioritario che dobbiamo perseguire" ribadisce Acquaroli.
I numeri confermano le sue parole. Nelle ultime 24 ore, nelle Marche sono stati individuati 700 nuovi casi di 'Covid-19', il 24,2% (era del 22%) rispetto ai 2.893 tamponi, molecolari e antigenici, processati nel percorso per le nuove diagnosi. I nuovi casi sono stati individuati 172 in provincia di Macerata, 209 in provincia di Ancona, 205 in quella di Pesaro-Urbino, 61 nel Fermano, 29 nel Piceno e 24 fuori regione.
Per la fondazione Gimbe, dei segni di rallentamento ci sono, “e potrebbero rappresentare l'inizio degli effetti delle nuove misure restrittive, che saranno ben visibili dopo 2-3 settimane dalla loro introduzione” ribadisce il presidente Nino Cartabellotta. Al 20 marzo in area medica il dato nazionale (41%) supera il livello di allerta del 40% con Lombardia (51%), Emilia Romagna (54%) e Piemonte (58%) che vanno oltre il 50% e le Marche che arrivano al 64%.
Nelle terapie intensive il dato nazionale (37%) è ben oltre il livello di allerta del 30% con 6 regioni che superano il 50%: Emilia Romagna, Piemonte e Umbria (53%), Lombardia (56%), Marche e Prov. aut di Trento (58%). “Questi livelli di sovraccarico, oltre a rendere più complessa l'assistenza dei pazienti Covid, aumentano lo stress di personale e servizi ospedalieri e impongono di rimandare interventi chirurgici e altre prestazioni non urgenti per pazienti non Covid”.
r.vit.