*Non è il momento della caccia all'uomo, della ricerca smodata di un capro espiatorio. Ma la sconfitta subita, nelle Marche come nel resto del Paese, va compresa e analizzata in ogni sua piega, se davvero vogliamo correggere gli errori compiuti e dare un futuro al Partito Democratico, iniziando a costruire da subito non solo un'opposizione dura e integerrima a questa destra, ma soprattutto una vera alternativa a essa.
Non ci sono dubbi che il naufragio del cosiddetto campo largo abbia agevolato la vittoria della destra. Va dato atto al segretario Enrico Letta di averci provato fino in fondo, anche se forse, in particolar modo dopo lo strappo consumato unilateralmente da Carlo Calenda, un canale di dialogo con Giuseppe Conte avrebbe potuto essere ripristinato.
Sarebbe stata un'idea saggia e intelligente provare a riaprire la porta chiusa troppo frettolosamente in faccia al Movimento 5 Stelle nel momento della caduta del governo Draghi. Lo dico tenendo in considerazione anche la positiva esperienza del governo giallo-rosso, di cui il Partito Democratico era stato serio protagonista durante la difficilissima fase dell'emergenza pandemica. Una parentesi troppo breve che, a mio avviso, aveva saputo raccogliere giudizi positivi non solo per gli importanti risultati raggiunti, tra cui la sottoscrizione degli storici accordi europei sul Recovery Fund del luglio 2020, ma anche per la capacità di dare un'impronta popolare all'azione dell'esecutivo.
Un percorso che avrebbe meritato di essere rilanciato all'interno di un'alleanza politico-programmatica, democratica e progressista, includendo perfino i partiti di Calenda e Renzi grazie al recupero di alcuni contenuti sociali dell'Agenda Draghi. Probabilmente, stante la legge elettorale con cui siamo andati a votare, avremmo oggi raccontato un risultato ben diverso da quello uscito dalle urne.
Di ciò si dovrà tener conto per capire quale sia il punto di partenza da cui ripartire per sanare la drammatica frattura venutasi a creare negli ultimi dieci anni tra il centrosinistra e ampi settori di fasce popolari che, non da oggi, continuano a riversare il loro voto a destra, come dimostra plasticamente l'ascesa conseguita nello stesso periodo da forze populiste come il Movimento 5 Stelle della prima ora, poi dalla Lega e infine da Fratelli d'Italia.
Urgente uscire da quella contrapposizione tra 'la sapienza del Palazzo e l'emotività popolarè. Una contrapposizione che il Partito Democratico ha fatto propria troppo a lungo, perdendo verticalmente consenso in quella parte di società che dovrebbe fisiologicamente cercare e pretendere risposte dalla sinistra di fronte a problemi strettamente attuali come la disoccupazione, il lavoro precario, il progressivo svuotamento dello Stato sociale, l'inflazione che falcidia il potere d'acquisto dei redditi fissi, la pressione fiscale che colpisce principalmente le piccole attività artigiane e commerciali, la devastazione ambientale, la fuga dei giovani all'estero.
Ricostruire questo legame spezzato non sarà facile, né, per farlo, sarà possibile ricorrere a scorciatoie. Occorreranno tempo e passione, ma soprattutto idee che sappiano restituire al Partito Democratico un'identità politica chiara. Identità che purtroppo si è smarrita, rispetto al progetto iniziale, ed è stata pagata a caro prezzo sia in termini elettorali che di vitalità sociale.
*Maurizio Mangialardi, capogruppo Pd Marche