di Raffaele Vitali
TORRE SAN PATRIZIO – Da azienda familiare di Torre San Patrizio ad azienda managerializzata che brilla nel mondo. Ecco l’evoluzione del calzaturificio Giano guidato da Enrico Paniccià che ha fatto una scelta ‘rivoluzionaria’ per il distretto fermano-maceratese: “Non produciamo più scarpe con il nostro marchio, ma lavoriamo con brand di cui siamo licenziatari o soci” spiega l’imprenditore, la seconda generazione di una famiglia che ha in Pina e Otello, i suoi genitori, ancora due figure operative tra manovia e uffici.
Paniccià, la scelta che impatto ha avuto sul calzaturificio?
“Abbiamo chiuso il 2023 con una crescita del 20% e 22 milioni di fatturato. Questo grazie al lavoro dei nostri 32 collaboratori, che diventano tanti di più considerando chi lavora per noi a livello produttivo, che ci permettono di far uscire calzature marchiate La Martina e Harmont&Blaine e Woolrich Footwear”.
Mercato?
“Più del 60% del fatturato è legato all’export, con la Germania che resta sempre il primo mercato”.
Come ha strutturato Giano?
“Siamo un’azienda snella. All’interno produciamo campioni e prototipi, poi la produzione, in base alla linea, avviene in aziende del distretto e per alcuni passaggi all’estero”.
Avere una parte di produzione all’estero è una volontà?
“Diciamo che ormai taglio e orlatura in Italia, se devi garantire un certo numero di volumi, è molto difficile. Quello che vorrei far capire è che non è una questione di costi, ma proprio di produzione. Infatti le Woolrich shoes sono 95% made in Italy, questo proprio per garantire l’alta qualità che il brand richiede”.
Anche per lei l’orlatrice è una figura chiave?
“Ormai è complicato anche trovarne per fare i campioni. Il sistema su questo dovrebbe davvero investire: serve una scuola che le formi, ma serve anche un salto culturale, è un lavoro che va raccontato e capito. Per questo credo che il reshoring non sarà così semplice”.
Ci spiega la scelta di rinunciare alla produzione di Giano?
“Abbiamo una chiara strategia di business. Abbiamo scelto di lavorare con brand in licenza. Questo ci ha permesso di specializzarci e di crescere. E così oggi posso dire che nel futuro vedo l’arrivo di nuovi marchi in licenza”.
Come è riuscito a cambiare volto all’azienda?
“Il primo passo è stato quello di investire nelle competenze umane. Ma non più solo operai, bensì manager e ingegneri gestionali. Oggi queste professionalità sono la parte predominante dei dipendenti. Siamo anche stai bravi a far crescere alcuni manager internamente e questo ha accelerato il nostro processo di evoluzione”.
Perché è così importante la gestione per un’azienda manifatturiera?
“Il mercato oggi ha due voci chiave: timing di consegna e costi, dando per scontata la qualità del prodotto. Per rispettare entrambi serve una grande organizzazione. La logistica, per esempio, che impatta sul 40% del fatturato. Oggi progettiamo, produciamo e distribuiamo, con i commerciali che si occupano anche dell’assistenza”.
Il prezzo conta anche per i brand?
“In realtà è secondario, anche se pesa sempre più. quello che il cliente chiede è il servizio, che deve essere alto. Per questo se nella prima fase sono decisivi il tecnico e il modellista, poi entra in gioco l’ingegnere che pianifica i passaggi”.
Come vede il 2024 di Giano?
“Direi che l’obiettivo è confermare il 2023. E non sarà semplice. perché le guerre incidono, hanno ripercussioni anche indirette. Penso al lato psicologico, con i clienti meno pronti a comprare perché c’è sempre un senso di insicurezza in ognuno. E poi c’è la questione materie prime, con i rincari che poi impattano sull’inflazione. Va anche detto che ci sono spazi, per brand come i nostri, in Russia, un mercato che monitoriamo con attenzione”.
@raffaelevitali