di Raffaelle Vitali
FERMO – Solo un infarto poteva coglierlo di sorpresa. Perché Vincenzo Rea, ex numero due della sanità fermana per tanti anni, era un uomo attento, sicuro di sé, preciso, per certi versi anche sospettoso. Come si conviene a un dirigente che ogni giorno aveva a che fare con i problemi della sanità e vuole tenere la schiena dritta.
Ma l’infarto non ti avvisa, arriva e basta. E per Rea ha scelto la notte. Destino beffardo, perché Rea, da pochi mesi in pensione, non appena salutato il mondo dell’Asur a cui aveva dedicato decenni della sua vita con una sola incompiuta, non essere diventato direttore generale, si era gettato in una nuova avventura. Era consulente per una società che si occupa di medicina e sicurezza sul lavoro, praticamente aveva deciso di portare il suo know how fatto di oltre trent’anni di carriera.
Era partito dalla sua Napoli, dopo la laurea in Medicina nel 1978. Nel Fermano è stato uno degli artefici della nascita e sviluppo dell’Hospice, la struttura modello dell’Asur 4. Direttore del distretto unico fino al 2018, ruolo che l’aveva reso un riferimento per tutta la Provincia gestendo i servizi di base.
Apprezzato e criticato, spesso più per i modi che per la capacità, Rea non era uno dal carattere facile. Bisognava capirlo, perché se ci si fermava al primo impatto, l’empatia non era di certo la prima caratteristica. Dotato di una spiccata ironia, l’allora direttore di distretto non era tipo da compromessi al ribasso.
Quando il sistema aveva mandato messaggi chiari nei suoi confronti, aveva scelto semplicemente di andarsene, ma solo per crescere. E così, eccolo diventare direttore sanitario dell’Asl di Rieti, un paio d’anni, poi il richiamo forte delle sue Marche. Perché il campano ormai era un marchigiano acquisito. Un anno all’interno del Servizio sanità della Giunta regionale, poi il finale di carriera a Fermo. E nel mentre, anche la chiusura di un lungo processo che per cinque anni gli tolse la serenità: “Non aveva dubbi, ma ho avuto pausa” fu il suo commento dopo l’assoluzione nel 2018.
Juventino sfegatato, Rea lascia la moglie Patrizia, due figlie e il più piccolo Lorenzo che con il padre condivide la passione bianconera e che del padre aveva tutta l’attenzione, quella che una intensa carriera non gli aveva permesso prima.
“Una vita eclettica, un uomo pieno di interessi e capace di non fermarsi mai. Così lo voglio ricordare. È stato un direttore che ha lasciato segni importanti nella nostra organizzazione sanitaria” commenta addolorato l’ex collega Licio Livini.