FERMO – Pasto caldo la domenica, fazzoletto al collo e maglia speciale: Cavalcata e Fermana sono sempre più vicine, un rapporto che diventa solido e pratico.
“Un punto di contatto tra i due contenitori di aggregazione più importanti della città. Da un lato quello sportivo, la prima realtà della città di Fermo, dall’altro quello culturale con la Cavalcata” introduce l’assessore allo Sport, Alberto Maria Scarfini.
Pranzi domenicali in famiglia per i giocatori, come spiega il direttore generale Federico Ruggieri: “Marco Catalano ed Emiliano Foglini sono stai i due tramiti. È cresciuto passo passo un progetto quasi obbligato. Senza fondi dovevamo trovare un aiuto dal territorio e noi volevamo ridare la Fermana ai fermani”.
Fare delle difficoltà una opportunità: “Ci siamo avvicinati alle persone, sono aumentati gli sponsor. E questo perché la rete con le altre società calcistiche e con le contrade. Per noi, coni pranzi, risparmiare 15mila euro l’anno in una stagione complessa come questa è fondamentale ed è stato possibile grazie alle contrade che ci supportano. E se i tifosi allo stadio crescono è anche per questa scelta partecipativa” aggiunge Ruggieri.
È convinto che anche questo aiuterà la Fermana in campo: “La città merita risultati diversi. Noi presto vi faremo divertire”. Il socio Gianfilippo Simoni con questo progetto “si sente sempre più parte della storia della città. Grazie a Emiliano per l’amicizia e a Catalano per il lavoro che sta facendo. La domenica in contrada non è solo un pasto garantito, è entrare nella città e viverla al meglio”.
Roberto Montelpare, vice presidente della Cavalcata è uno dei protagonisti: “Abbiamo raccolto l’opportunità come manifestazione regina di Fermo. Fare legame è un nostro compito. Le contrade, come è arrivata la proposta, hanno risposto subito, confermando l’attaccamento a una realtà che si occupa anche di settore giovanile, quindi di aggregazione. E questo fa anche la cavalcata, aggrega”.
Aggiunge l’altro vicepresidente Andrea Monteriù: “Queste sono le collaborazioni che ci piacciono, si basano su obiettivi di crescita. Entrambe le realtà vogliono crescere e abbiamo capito che insieme possiamo farlo. Sono tanti i punti in comune tra squadra e rievocazione, portiamo insieme il nome di Fermo in giro per l’talia e la Cavalcata anche per il mondo. Il linguaggio è comune, parla a ogni età”.
Il messaggio finale di Monteriù è per i dirigenti: “Avete avuto il coraggio di mettere in piazza le difficoltà, ma è nel buio che si vedono le stelle. Noi, come Cavalcata, vogliamo essere una di quelle che vi illumina la strada. Il lato umano no deve mai mancare e i priori, che sono trai primi tifosi, si sono messi in gioco per voi”.
Uno degli artefici, Emiliano Foglini, priore di Campolege e grande tifoso, incasso il grazie, “ma va a tutti. Non c’è un priore che ha esitato, tutti abbiamo deciso di aiutare la Fermana. Un aiuto concreto è quello che volevamo dare. Le contrade e il palio sono una cosa seria, viviamo tutto l’anno e ci impegniamo nel sociale, questo p un altro step. Noi a Fermo abbiamo la Cavalcata e la fermana, non era neppure pensabile non aiutarvi”.
Il progetto prevede che ogni domenica in casa, la squadra è ospitata da una contrada. La contrada che ospita la contrada dona il fazzoletto di contrada a ogni giocatore con cui poi scenderà in campo. “A questi livelli non ci sono realtà che vincono realtà così familiari e professionali, diverso dal freddo hotel. Non vediamo l’ora di poter dedicare una vittoria in casa a chi ci sta vicino. I feedback sono positivi, soprattutto degli stranieri, che vengono da fuori, e qualcosa del genere non la avrebbero neppure immaginata”.
Sia chiaro, si mangia quello che decide il nutrizionista, Marco Minnucci: “Ci sono anche tempi di servizio molto chiari e rispettati. Grazie ai contradaioli”. Che il sistema piaccia lo confermano, prima di svelare la maglia dedicata alla Cavalcata con cui i canarini giocheranno un paio di partite, due dei big della Fermana, Bianchimano e Karkalis: “Una grande impatto entrare in contrada la domenica, è davvero come mangiare a casa. L’accoglienza ci carica. Non c’era mai capitato, siamo abituati ai classici ristoranti”.
r.vit.