*Raffaele Vitali
A parte la toponomastica vintage adottata dal governo Meloni, ci sono due novità interessanti che potrebbero far ben sperare: il ministro allo Sport e il ministro alle Imprese.
Dopo la veloce esperienza, fruttuosa, della sottosegretaria Vezzali con delega allo Sport, la Meloni decide di puntare sulla forza fisica di italiani e italiane. Si sa che da sempre uno dei simboli della destra è nei corpi capaci di imprese. E gli italiani, negli anni, nonostante continui tagli, attrezzature dismesse, di medaglie ne han vinte tante. Quindi, si può solo migliorare.
Ma la vera curiosità è per Adolfo Urso che passa dal Copasir a quello che era lo Sviluppo Economico ed è diventato imprese e made in Italy, quindi con portafoglio. Il senatore di Fratelli d’Italia, che come lavoro ha portato in giro per il mondo imprenditori, ora dovrà superarsi visto che le imprese da tempo lamentano un’assenza di politica industriale.
Ma in particolare è il settore moda, fiore all’occhiello dell’Italia, che chiede attenzione.
Non solo per andare in fiera. Servono scelte strutturali quando si parla di Made in Italy. Che sa tanto di bandierina, considerando che il nodo principale si gioca in Europa, dove il riconoscimento del made in non è mai arrivato.
In attesa di questo, sperando magari che il dossier si possa riaprire, anche se la Meloni dovrà scegliere da che parte stare a Bruxelles se vuole davvero far contare l’Italia, si può fare tanto a livello nazionale.
Per cominciare, il taglio del costo del lavoro, in modo che i dipendenti possano guadagnare di più e al contempo le imprese restare competitive rispetto quantomeno ai partner europei.
L’idea di premiare chi assume di più è interessante, l’ha proposta nel Fermano il calzaturiero Ciccola, l’ha inserita nel programma la neo premier.
E poi c’è il tema della formazione legata al made in, che sia chiaro non è solo moda. Siamo unici nel mobile, nella meccanica, nella lavorazione delle materie plastiche, come dimostrerà il prossimo presidente di Confindustria Marche, Roberto Cardinali che porterà una ventata di originalità, di freschezza, di visione di futuro alle Marche, ma in primis al Fermano che ha bisogno di innovarsi per continuare a essere leader nel mondo del bello.
Il problema è che per fare questo, Meloni e Urso devono metterci soldi, non solo parole. Altrimenti cambierà poco rispetto a chi in questi anni ha promesso e poi ha scelto di puntare su altro, limitandosi magari a regalare qualcosa a chi torna dopo aver guadagnato tanto producendo all’estero senza mai rinunciare a quel made in Italy troppe volte svuotato di vero significato.
*direttore www.laprovinciadifermo.com