FERMO - Fabrizio Luciani, presidente di Confindustria Fermo, anche per lei il caro bollette è il tema chiave?
“Affrontarlo è fondamentale, come parlare di sanzioni e credito di imposta”.
Saranno troppi temi?
“Direi chela politica tre questioni le può affrontare. Solo che deve fare presto. E lo dico pensando al voto del 25 settembre”.
Partiamo dal caro energia.
“Un’azienda, che si trova a pochi metri dalla mia, è passata da 31mila euro a luglio 2021 a 135 mila euro di bolletta nello stesso mese del 2022. E le prossime saranno ancora più alte, per tutti. Molte aziende non sapranno come fare a pagare, si troveranno con i conti sballati. Gli imprenditori americani pagano l’energia un prezzo sette volte inferiore, Francia, Spagna e altri paesi europei hanno prezzi calmierati. L’Italia solo slogan “pace o climatizzatore”. Su questo noi imprenditori siamo impotenti, dobbiamo affidarci alla politica per non ritrovarci in uno scenario fatto di macerie economiche e sociali”.
Il Fermano è molto esposto verso la Russia, tutto sembra più grave in questa zona. È così?
“Tutta l’Italia soffre, questo deve capire il politico di turno. La guerra tra Russia e Ucraina ormai è evidente che non si risolve con le sanzioni. Sono state il mezzo scelto per condannare un’aggressione inaccettabile, ma ogni strategia va poi valutata nel suo esito. E questa che non sta funzionando. Le sanzioni, che sono arrivate a un ottavo pacchetto di restrizioni, stanno al momento strangolando il nostro sistema economico-imprenditoriale”.
Quindi basta sanzioni?
“Domandiamoci se hanno senso. Mi stupisco di come il grido di dolore che ogni giorno si alza non risvegli le coscienze di chi guida l’Italia e l’Europa”.
Lei parlava di credito d’imposta, si riferisce alla dedizione dell’Agenzia delle Entrate di richiedere indietro quanto dato a chi ha investito in campionari?
“Qui siamo di fronte all’incredibile. Le aziende hanno ricevuto una risoluzione da parte dell’Agenzie delle Entrate, che prende atto della confusionaria normativa prodotta da Mise e Mef, che esclude il mondo del design e della moda dai settori meritevoli che investono in ricerca e sviluppo”.
Ma perché?
“La motivazione addotta è che, stante all’interpretazione della norma da parte dell’Agenzia delle Entrate, “devono ritenersi escluse le attività che, pur dando luogo a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, derivino essenzialmente dall’effettuazione di investimenti volti all’introduzione da parte della stessa di tecnologie e conoscenze già note e diffuse nell’ambito del settore di appartenenza. È questo il caso delle attività attinenti al design e all’ideazione estetica, il cui obiettivo sia la concezione e la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentino elementi di novità rispetto alle collezioni o campionari precedenti”. La beffa finale è che questa disposizione è retroattiva”.
Ma sono molte le aziende interessate?
“Ci sono decine di imprese che dovrebbero restituire il credito d’imposta relativo a investimenti, parliamo anche di un milione di euro per le aziende calzaturiere principali, già effettuati con contributi erogati”.
Politica sempre più lontana dal mondo del lavoro?
“Anziché favorire chi prova a resistere sul mercato si sceglie di colpire senza logica. Tra mercati instabili, caro materie prime, bollette fuori controllo, il made in Italy di cui tutti si riempiono la bocca viene solo penalizzato. Fare impresa in Italia è diventato un calvario. Le aziende così non potranno restate aperte”.
Se un’azienda fallisce, cosa accade?
“Perdita di posti di lavoro e quindi esplosione di una questione sociale che ricadrà su tutti. Come presidente non posso restare fermo, la questione è nazionale e ogni politico deve capire che da questo scenario apocalittico si esce solo se si lavora insieme, iniziando con una politica che ascolta le imprese, che poi significa intere famiglie. Incalzeremo e sproneremo i politici locali che entreranno in parlamento affinché lottino al nostro fianco per il territorio”.