di Raffaele Vitali
FERMO – “Assoluzione perché il fatto non sussiste” recita il giudice della Corte di Appello di Ancona. È la formula più ampia, piena per Paolo Rossi, P.P., Gian Luca Rongoni, Maurizio Minnucci (avvocato Giordani), Renato Leoni (avvocato Calcinari), Andrea Morroni. “Escono puliti con la candeggina” sottolinea con una immagine netta l’avvocato Igor Giostra, uno dei legali degli imputati.
“La parola fine su questa brutta vicenda giudiziaria che non meritava di andare così avanti” aggiunge il collega Savino Piattoni. “Mi sarebbe piaciuto sedermi di nuovo davanti alla sindaca Brambatti e dirle ‘visto che il tuo dirigente era una brava persona’” è il breve commento di Gian Luca Rongoni.
IL FATTO
La vicenda ruota, anzi ruotava, intorno alle potenzialità edificatorie dei cosiddetti “lotti di Casabianca” in relazione alla loro attuale e futura destinazione urbanistica. Quattro aree, due di proprietà della Cosmo s.p.a. e due di proprietà della Toredil s.r.l., sulle quali insistevano permessi di costruire per l’edificazione di quattro strutture alberghiere. Destinazione che poi venne modificata anche in residenziale durante il cambio di due amministrazioni, una di centrodestra e una di centrosinistra.
L’ACCUSA
Secondo il Pubblico Ministero, come riportato nella sentenza di primo grado, “tutti gli imputati, in pieno accordo tra loro, avrebbero concorso ad un complesso progetto concussivo, prolungatosi in lungo arco temporale. La finalità ultima perseguita sarebbe stata quella di privare i proprietari dei “lotti di Casabianca” e della “area progetto 40”dei loro diritti edificatori, costringendoli a vendere le rispettive proprietà a prezzo vile a una società di nuova costituzione che avrebbe potuto così offrire al Comune di Fermo le opere compensative pretese, ottenendone la variante urbanistica illecitamente negata ai precedenti proprietari attraverso comportamenti ostruzionistici ovvero provvedimenti illegittimi e conseguendo in tal modo un considerevole illecito profitto”.
LA SENTENZA
Tutto quanto sostenuto dall’accusa, allora guidata dal procuratore capo Domenico Seccia, firmatario anche del ricorso in appello, è decaduto nella sentenza della Corte dorica. “È venuta meno ogni ipotesi di cartello contro i privati, una sentenza nettissima” riprendono i legali.
“Confermata la piena assoluzione di tre anni fa. Si trattava, in verità, di un processo fondato sul nulla. Anzi, peggio che sul nulla: sulla maliziosa mescolanza di fatti veri ma leciti con altri inventati di sana pianta, tenuti insieme da valutazioni storico/ giuridiche offensive persino del senso comune. Eppure sono stati necessari sette anni per far uscire definitivamente dall’incubo galantuomini e stimati professionisti o operatori economici come l’avvocato Rossi e l’architetto Rongoni” aggiungono i due avvocati Savino Piattoni e Francesco De Minicis.
Stessa lunghezza d’onda per Igor Giostra, che ha difeso l’allora consigliere comunale di maggioranza Andrea Morroni: “Il processo di primo grado si tenne senza testimoni, fu un abbreviato mascherato. In Appello il giudice ha ritenuto di non sentire nessuno, se avesse voluto rivalutare le prove lo poteva fare. Potrebbe il procuratore generale andare in Cassazione? In teoria, ma cosa cambierebbe nel merito visto che il materiale probatorio è stato valutato in maniera logica senza omissioni? Per cui – conclude Giostra – il processo lo immagino chiuso qui”. Ma non solo. “Si sono perse le parti civili lungo il procedimento. Una ha rinunciato all’appello e una non si è presentata. Per cui, senza un interesse neppure economico, diventerebbe ancora più incomprensibile un ulteriore ricorso della Procura”.
Dopo sette anni, quindi, una delle pagine giudiziarie-politiche più complesse di Fermo si chiude definitivamente. Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate entro novanta giorni.