di Raffaele Vitali
FERMO – La musica non si può fermare e non si ferma. “Due righe nell’ordinanza del presidente Francesco Acquaroli. E meno male che si ricorda che esiste il nostro mondo” sottolineano il direttore Nicola Verzina e il presidente Igor Giostra. L’ordinanza dell’Abruzzo neppure li ha citati i conservatori e le accademie. “L’articolo due riguarda le università, con obbligo di didattica a distanza al 100%, poi si parla di ‘per quanto compatibili’ per il conservatorio”. Cosa significa? “Questa frase preserva la nostra discrezionalità nel difendere la peculiarità delle elezioni pratiche in presenza, individuale e a piccoli gruppi”.
Quindi, il Pergolesi punta alla didattica mista. “Possiamo valutare se i docenti strumentali sono in grado di fare alcune ore a didattica, ma per quella più teorica. Noi rimaniamo aperti e continueremo a fare dopo la riapertura di giugno”.
Il protocollo interno è molto rigido, con tanto di formazione al personale docente e non. “Noi abbiamo momenti che non si possono fare online. Ho parlato anche con il presidente del comitato universitario regionale, guidato dal rettore di Camerino, e anche loro chiederanno una deroga per le attività laboratoriali” prosegue Verzina.
Il presidente Giostra parla di approccio pragmatico: tutelare gli operatori e non togliere un’ora di lezione per continuare a frequentare i corsi. Conciliare non è impossibile. “L’errore è di fuggire dal Covid, invece dobbiamo gestirlo e conviverci. Altrimenti, siamo all’attesa della morte civile e sociale. Il rischio è di una bancarotta collettiva che provoca danni irreparabili. E invece, se siamo responsabili, mantenendo tre-quattro criteri fondamentali: distanziamento, mascherina, igiene i problemi non ci sono”.
Contesta gli scanner facciali da 3mila euro: “L’80% delle persone sono asintomatiche, quindi non li troveremmo con un tablet. Il 20% che resta, se è coscienzioso, non si ferma davanti a un termo scanner. Insomma, educhiamo piuttosto che chiudiamo. Tanto se chiudiamo i ristoranti poi si va a cena a casa. Puntiamo sui comportamenti singoli”.
Di una cosa sono convinti: “Il Covid non si prende al conservatorio. Magari fuori, dentro ci sono garanzie e controlli. Bloccare musei e università mi sembra un atto forzato. E illusorio, non potendo garantire medicina, Fisica o Chimica a distanza. Il messaggio è semplice: la musica si fa in sicurezza”.
Se è imprescindibile mandare i bambini alla scuola materna, è assurdo dire che un’altra istituzione universitaria debba chiudere, di questo sono convinti. “Il 50% delle attività sono al momento a distanza. L’ingresso è molto diluito, non ci sono i venti insieme per solfeggio. Si entra con orari scaglionati stabiliti dal docente, fino ai 3-4 per musica da camera”.
Strategia diversa per canto e fiati: “Sono i due momenti in cui le goccioline escono dalla bocca. Per questo abbiamo pannelli per cantanti e strumenti a fiato, in particolare il flauto. Altri strumenti, come il corno, invece hanno un’aria condensata che evita problemi. Ma in ogni caso, per tutelare tutti, distanziamento e pannelli”.
Fino a oggi al Pergolesi neppure un caso di positività tra i 500 studenti che sono spalmati su più giorni e sulle dieci ore: “Questo sistema ci rende molto diversi da Superiori e Università, che hanno una simultaneità. Da questo punto di vista il nomadismo didattico ci aiuta. Abbiamo numerosi studenti cinesi, per loro la mascherina è parte della vita quotidiana. Una fetta di Oriente è presente, tra cantanti, pianisti e sassofonisti” prosegue Verzina. In questo quadro, anche le iscrizioni sono andate meno male del previsto.
Schermi, computer, proiettori, il conservatorio ha investito nell’insegnamento a distanza. Ma punta e crede nella presenza. Due ingressi per la sede: “Possiamo regolamentare il flusso di entrata e uscita. Le aule studio sono prenotate: chi ha bisogno del pianoforte lo prenota, lo usa, poi arriva l’addetto che sanifica ed entra un nuovo alunno”. Un solo vero problema al momento, quello con il riscaldamento nelle aule di studio: “E questo – concludono - dipende dalla Provincia. Non possiamo far suonare strumenti quando ci sono 14 gradi in aula. Spero sia stato un disguido di inizio lezioni”.