di Francesca Pasquali
FERMO - Si inginocchia davanti alla piccola bara, Ali Krasniqi. Una mano
sul legno bianco, l’altra attorno alla vita della figlia
superstite che non vede da undici mesi. Il cielo è gonfio di nuvole
quando il feretro di Jennifer arriva al cimitero di Fermo. Dopo quasi
un anno, la bimba morta a Servigliano la notte tra l’8 e il 9 gennaio
ha potuto essere sepolta. Una cerimonia semplice, con rito islamico e
pochi presenti che a stento hanno trattenuto le lacrime. La officia
Abdellah Labdidi, l’ex imam di Fermo. «Abbiamo la responsabilità –
dice – di mantenere un rapporto fraterno». «Il Fermano – prosegue – è
sempre stato un modello, raggiunto insieme a un grande livello di
collaborazione, comprensione e rapporti fraterni, basati sul rispetto
reciproco, frutto coltivato da tempo che ha trovato un ambiente
favorevole per crescere». Poi, la benedizione in arabo.
La figlia, che dal giorno della tragedia vive in una casa-famiglia,
guarda quel papà che non vede da tanto. Gli si getta tra le braccia,
stringendolo. Così rimane per buona parte della cerimonia. Ha fatto
dei disegni per la sorella. Stanno appoggiati sulla bara, assieme a un
mazzo di fiori, a un palloncino bianco e a una foto della piccola Jennifer. Chissà che pensa.
Chissà se, con i suoi cinque anni, ha capito che le è rimasto solo il
papà. La mamma, Pavlina Mitkova, dal carcere di Pesaro, da pochi
giorni è stata trasferita in un carcere psichiatrico nel sud Italia. È
accusata di aver ucciso la figlia maggiore, di appena sei anni, e di
aver, poi, dato fuoco alla casa per simulare un incendio. Da quando è
stata arrestata, non ha mai risposto alle domande dei giudici.
Ultimamente, ha smesso di mangiare, arrivando a perdere parecchio
peso. Le indagini sulla vicenda che ha sconvolto il Fermano andranno
avanti per altri sei mesi. Così ha disposto la Procura di Fermo.
«Speriamo sia l’ultima proroga e che venga fatta luce in maniera
definitiva su quello che è successo quella sera», commenta la legale
di Krasniqi, Maria Cristina Ascenzo.
In disparte, c’è il sindaco di Servigliano. «È una giornata che
ricompone una famiglia infranta» dice Marco Rotoni. La piccola
comunità della media Valtenna ha fatto quadrato attorno ad Ali, che
adesso vive nella casa parrocchiale di Curetta. Il funerale è stato
pagato con le donazioni raccolte in questi mesi, dopo che il Comune ha
aperto un conto corrente. «Ce la stiamo mettendo tutta. Con l’impegno
di tutti – prosegue il sindaco –, supereremo queste difficoltà. La
comunità ha tenuto botta. Dopo un iniziale momento di disorientamento,
non si è fatta sopraffare dal pregiudizio e ha saputo aprirsi alla
solidarietà».
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