di Raffaele Vitali
FERMO – Dentro il Murri di Fermo c’è un reparto che non si è mai fermato, che cresce nei numeri e soprattutto si rafforza a livello tecnologico: è l’Oculistica del primario Carlo Sprovieri. “Guardiamo avanti” scherza il dirigente.
Sprovieri, il Covid ha impattato su Oculistica?
“Avendo una sala operatoria indipendente ne abbiamo risentito poco. Percorsi in sicurezza e pianificazione hanno rallentato ma mai bloccato il servizio. In tempi pre pandemia abbiamo raggiunto i 2300 interventi, nel 2021 abbiamo chiuso con 1600”.
Ma avete posti letto dedicati?
“Ne ho due all’interno di chirurgia per i casi più complessi. L’attività del reparto, ormai, è principalmente in day surgery”.
Personale, ha medici e infermieri sufficienti?
“Siamo praticamente a pieno organico, ma abbiamo chiesto una ulteriore unità medica, mentre stiamo stabilizzando gli ultimi due precari interni. Il fatto è che non ce ne sono molti di oculisti, si prevede una carenza in prospettiva, le università devono riflettere”.
Sprovieri, ma il Murri è un riferimento per l’oculistica?
“Abbiamo scelto di spostarci sulla patologia grave, arrivando a fare 250-300 retine l’anno. Parliamo di retina chirurgica e clinica. Siamo diventati un centro di riferimento anche per le multinazionali, ci studiano e ci stanno aiutando nell’organizzazione dell’unità di maculopatia, con formazioni specifiche per ritmare le punture di farmaci che combattono la maculopatia senile. Siamo tra i primi nelle Marche, per numeri e abbiamo una mobilità attiva, almeno 700 persone all’anno che arrivano dal nord della regione”.
Liste di attesa?
“Per i casi urgenti le abbiamo azzerate. È stata una scelta curare il complesso. La routine è penalizzata, ma dove possiamo arriviamo. In zona ci sono bravi colleghi, sia a Macerata sia ad Ascoli Piceno, cosa che rende le Marche una delle migliori a livello italiano”.
Pazienti Covid le sono capitati?
“Un solo paziente, quel giorno ci siamo dedicati solo a lui”.
Il suo reparto è tecnologicamente soddisfacente?
“Abbiamo puntato sul trapianto di cornea, avviando un centro di nuova generazione. Si parla di trapianti parziali: lamellari, endoteliale (Dalk e Dsaek). Questo grazie all’Area Vasta 4. Parliamo di 150 trapianti l’anno nelle Marche, un numero che rende le donazioni sufficienti. L’evoluzione è nel fatto che siamo passati dal trapianto perforante a trapianti parziali a seconda di dove è localizzata la patologia. Servono cornee da donatore, ma non dobbiamo più cambiare tutto. Questo permette di avere un intervento meno traumatico, con una riabilitazione più veloce”.
Cornee come base, poi c’è la maculopatia, una delle malattie più insidiose. Come la affrontate?
“Anche qui, nuovi macchinari. Uno per l’Oct per lo studio della maculopatia, una tomografia molto avanzata. Permette di gestire le maculopatie e stabilire quando e come trattarle in terapia intravitreale. Un macchinario di ultimissima generazione, il gold standard della diagnostica, un investimento da 150mila euro. Ma non solo, è arrivato da pochissimo il nuovo laser micro pulsato che permette di trattare forme più lievi di maculopatia e di fare prevenzione sul glaucoma nei casi in cui non è indicata la chirurgia. Un investimento di 80mila euro. In questi due macchinari c’è la riprova dell’attenzione della vecchia e della nuova dirigenza c’è stata perfetta condivisione tra vecchia e nuova dirigenza”.
Il futuro si ferma qui?
“Proprio no, siamo già entranti nel 3D per operare segmento anteriore e retina. Un monitor 3D da 70 pollici collegato al microscopio operatorio è già in funzione. Il chirurgo con occhiali 3d vede magnificati i particolari della retina. È il futuro per la chirurgia della macula, che è grande 500micron. Poterla guardare su un grande monitor è un grande vantaggio e tra l’altro ci mette alla pari con i migliori centri. Parliamo del futuro della chirurgia oculistica”.
Nel 2022 cosa c’è nella lista della spesa?
“Tanta formazione, considerando che abbiamo la fortuna di avere a disposizione oltre all’unità complessa una semplice di chirurgia vetro retinica. È già aperta la gara per il rinnovo del microscopio operatorio e stiamo implementando la tecnologia per la chirurgia della cataratta”.
Insomma, Sprovieri, non le manca nulla?
“Mi sento fortunato, abbiamo un budget alto e tecnologia. L’unico problema, in futuro, ci sarà con il personale. Ma su questo non ci sono responsabilità interne”.
Sembra soddisfatto, nessuna sirena tentatrice da altri ospedali?
“Non ho intenzione di andarmene. So che qui posso avere la miglior tecnologia e anche personale, che è di livello altissimo. E lo dico di cuore, non per captatio. Ho veramente colleghi capaci, che lavorano con grande armonia, la conflittualità è azzerata e anche questo permette di tenere un livello clinico alto. Tra l’altro, stiamo indirizzando le varie personalità. Ogni dirigente ha ambulatori specifici. Questo è un altro obiettivo: ne abbiamo uno per il glaucoma, che stiamo limando, uno per la maculopatia (farmaci monitorati dall’Aifa) che ha una cadenza continua, uno per la pediatria. In questo modo offriamo un secondo livello, che magari penalizza il primo, ovvero chi deve fare l’occhiale semplice, ma l’ospedale deve curare il malato”.
Come rispondete ai problemi basici dell’occhio?
“C’è un accordo con il territorio, con gli oculisti dei distretti. Loro saranno sempre più il filtro, in modo che arrivino in ospedale le patologie, mentre lo screening è affidato ai professionisti territoriali esterni al Murri. Un piano che si va consolidando con accordi tra Asur e distretti”.
Accordi fuori, ma anche tra reparti?
“Un esempio è quello con la diabetologia. Qui abbiamo già avviato una piccola telemedicina. Condividiamo un percorso di ottimizzazione tramite un’apparecchiatura con cui loro fotografano il fondo dell’occhio e noi lo refertiamo in tempo reale. Il nostro è stato uno dei primi centri ad attuarlo, anche il direttore del San Raffaele si complimentò. Esame e refertazione avvengono in tempi molto rapidi. Può sembrare una piccola cosa, ma fa la differenza per il paziente e tra noi medici”.