FERMO – Il sangue serve, sempre. In tempo di Covid e non. Ma soprattutto, per raccoglierlo, servono persone. e così non può stupire il calo delle sacche durante i primi sei mesi del 2020. Ma quello che fa riflettere è che secondo l’Avis provinciale di Fermo il problema non è stato il Covid, ma la chiusura dei centri di raccolta a causa di una carenza, atavica, del personale.
Franco Rossi, che ha preso le redini da Giovanni Lanciotti, è chiaro: “Si è registrato un calo di 172 sacche nel primo semestre, 3685 sacche di sangue e plasma contro le 3857 del 2019. Una differenza per noi significativa anche se stimavamo in 400 il calo. Il punto è che il motivo è dovuto alla chiusura dei centri di raccolta che nel primo semestre di quest’anno hanno raggiunto quasi 30 giorni”.
Rossi entra nel merito e spiega che “la chiusura non è strettamente legata al Covid quanto alla carenza di personale, mancano medici e infermieri, e alla sempre maggiore burocratizzazione che ne ostacola la risoluzione in tempi brevi”.
Luglio non è andato meglio, 16 giornate di chiusura e agosto è sulla stessa linea. “purtroppo – riprende il presidente Avis - sono ormai due anni che l’unità operativa del centro trasfusionale dell’ospedale di Fermo richiede un adeguamento del personale. Ci sono stati pensionamenti che erano programmati e quindi noti ai vari servizi di competenza ma ad oggi nessun intervento risolutivo".
Evidenti per Rossi anche le responsabilità: "Coprire i posti vacanti spetta all’Asur che, a conoscenza della situazione dipartimentale, dovrebbe prevedere le carenze ed indire concorsi al fine di evitare situazioni di indebolimento dell’attività sanitaria. È veramente demoralizzante vedere come un’attività di volontariato così attiva e fondamentale per la sanità sia relegata ad una Cenerentola”. Dimenticando però che il sangue e il plasma sono due componenti essenziali del sistema sanitario.
@raffaelevitali