di Francesca Pasquali
JESI - Nuovo, moderno, tecnologico. La sensazione di trovarsi in campagna, lo studio multimediale inaugurato a Jesi, lo dà già dai colori. Marrone e verde, che dominano sugli altri. Ci ha messo quasi otto anni per vedere la luce e, adesso che è pronto promette di diventare un punto di riferimento per il mondo dell’agroalimentare.
Una realtà in crescita nelle Marche, con 42mila aziende a gravitargli attorno e trenta milioni di investimenti nell’ultimo decennio. Una realtà che – ha spiegato il direttore direttore dall'Istituto marchigiano di enogastronomia (Ime), Alberto Mazzoni – i marchigiani hanno riscoperto nell’ultimo anno. Chiusi in casa, è tornata la voglia di sapere da dove arriva quello che mettiamo in tavola.
«Siamo tornati nelle aziende per parlare con i produttori. Abbiamo riscoperto il valore del cibo e ricominciato a leggere le etichette. Abbiamo capito l’importanza della terra e messo al centro il mondo agricolo», ha sintetizzato Mazzoni, sottolineando l’importanza di fare uno scatto in avanti, perché «stare fermi non premia nessuno».
Da qui, la spinta verso il polo enogastronomico che dovrà fare da raccordo tra tutti gli attori della filiera agroalimentare. Uno spazio pensato assieme dall’Istituto marchigiano di enogastronomia, all'Enoteca regionale di Offida e alla Regione, per mantenere vivo il rapporto tra produttori, venditori e consumatori.
Con le fiere in stand-by per il Covid, una via alternativa per non perdere i contatti è fondamentale. “Da oggi possiamo mettere al servizio delle aziende tecnologia, personale tecnico e strumenti che consentono non solo di connettersi con tutto il mondo, ma anche di riflettere nella comunicazione la qualità che il nostro comparto è in grado di esprimere, conquistando un'audience che al momento non possono raggiungere fisicamente".
Lo spazio, che è del Comune di Jesi, è stato ristrutturato e messo a disposizione degli operatori del settore, per «diventare un riferimento non solo per l’enogastronomia, ma anche per il turismo della regione», ha spiegato il sindaco jesino Massimo Bacci. Indispensabile, allora, sapersi vendere. L’atavica pecca del marchigiano che sa fare ma non lo sa far sapere va superata.
L’ha detto chiaramente Antonio Centocanti. «Chi viene nelle Marche – le sue parole – trova un territorio ancora vergine. Abbiamo tante eccellenze, ma ancora non siamo capaci di valorizzarle. È necessario dare identità a questo territorio per farlo conoscere, partendo dalle sue eccellenze e dalla creazione di un’identità».
Concetti ripresi dal presidente della Regione, Francesco Acquaroli. «La sfida per vendere e promuove le Marche è la conservazione e la conquista di nuovi mercati», ha spiegato. «Unire i prodotti di aziende agricole e cantine è lo strumento per la promozione, l’affermazione e la destagionalizzare del turismo nel nostro territorio», ha aggiunto, facendo sapere che la Regione sta lavorando alla creazione di due agenzie: una per il turismo e l’internazionalizzazione e una per la valorizzazione dei borghi».
Sono circa 43mila le imprese dell'agroalimentare marchigiano, per un comparto che vale quasi 3 miliardi di euro, pari all'8,5% del Pil regionale (elaborazione Nomisma). A fare da traino proprio la filiera enoica, con un valore alla produzione che, secondo il rapporto Ismea-Qualivita 2020, solo per i vini Dop e Igp si attesta intorno ai 106 milioni di euro.
Tornando all’hub, si parte con una rassegna di degustazioni con cadenza bisettimanale dedicate alla stampa di settore nazionale, in cartellone dal 15 marzo fino a metà giugno con focus su Verdicchio dei Castelli di Jesi e di Matelica, Rosso Conero, Lacrima di Morro d'Alba e Colli Maceratesi Ribona e tante altre Doc e Docg rappresentate dall'Imt. Nello stesso periodo, anche gli appuntamenti enoici riservati a stampa e trade di Olanda, Germania, Paesi Baltici, Svezia, Finlandia e Germania.