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L'addio a monsignor Conti. Menichelli: "Don Luigi, fratello maggiore". Pennacchio: "Da Emmanuel al sisma, quante scelte coraggiose"

2 Ottobre 2021

di Raffaele Vitali

FERMO – “Signore, accogli il mio fratello maggiore”. Sono le ultime parole che il cardiale Edoardo Menichelli dedica a don Luigi, come amichevolmente chiama l’arcivescovo emerito di Fermo Conti.

Se ne è andato dopo una lunga battaglia contro la malattia che ne aveva fiaccato il corpo, ma mai il suo spirito. Menichelli è arrivato a Fermo insieme con tutti i vertici della chiesa marchigiana, dal presidente della Conferenza episcopale Coccia a monsignor Trasarti, per celebrare il funerale. Ad accoglierli, Rocco Pennacchio, che di Conti prese l’eredità nel 2017.  Con loro, oltre a prefetto, questore, onorevole Patassini, sottosegretario Colonnella e presidente della Carifermo, i sindaci di Sant’Elpidio a Mare, dove ha vissuto gli ultimi anni, di Urbania, dove è nato, di Macerata, dove ha retto la diocesi, e di Fermo, con il vice Torresi.

“Per me – racconta Pennacchio al termine della cerimonia di fronte a centinaia di sacerdoti, suore e cittadini – sei stato un esempio, caro vescovo Luigi. A tua indole riservata non ha fermato decisioni importanti. Come quella nel 2014 di accogliere gli immigrati. Una scelta impopolare, coraggiosa che ha chiesto sacrifici anche ai seminaristi. Ma tu hai saputo gestire anche le tensioni sociali. Penso alla tragedia di Emmanuel e poi al sisma, con la messa che hai celebrato il giorno di Natale tra gli sfollati a Porto Sant’Elpidio. Eri discreto e concreto. Sono certo che il tuo seme, dalla cripta di Fermo dove riposerai insieme agli altri vescovi, sarà fecondo di santità per la nostra terra”. È questo il momento in cui scatta naturale l’unico lungo applauso al termine di una cerimonia piena di amicizia. Quella che è trapelata nelle parole di Menichelli, che ha condiviso con monsignor Conti l’inizio del percorso, partendo dal seminario di Fano. Poi le strade si sono divise e spesso intrecciate.

Due figure di alto livello, diverse caratterialmente quanto unite nella fede e nel servizio. Papa Francesco, per mano del segretario di Stato, ha mandato un messaggio, letto proprio da Pennacchio. E così il cardinale di Roma, città dove Conti ha lasciato il segno prima come parroco e poi come rettore del seminario maggiore.

Mentre i compagni di viaggio del prelato parlano, nel duomo di Fermo regna il silenzio, quello che Conti amava tanto. Quando è arrivato, non risultò subito simpatico ai fermani, abituati all’esuberante presenza di Franceschetti. Ma Conti era fatto così, spesso di poche parole, ma quando decideva di esporsi, la sua profondità ficcante segnava il cammino. Dei fedeli e dei politici.

Sulla bara, posizionata nel cuore del duomo dedicato all’Assunta, la sua mitra e il vangelo aperto. “Sofferenza e speranza, sacrificio ed ecclesia hanno segnato la tua vita, don Luigi. Facciamo sempre fatica a dire morte, ma la verità è che fragilità e finitezza fanno parte della nostra vita. Tutti dobbiamo sempre ricordare che la morte in realtà è la nostra resurrezione” riprende il cardinale.

Non è un funerale come gli altri per lui, don Luigi era qualcosa di speciale, un riferimento. Con me porterò la tua saggezza pastorale, la tua capacità di agire, ma solo dopo aver pensato. Il suo silenzio a volte non è stato compreso, ma se San Giovanni Paolo II ti scelse come rettore a Roma è proprio perché avevi in te al centro la parola, la liturgia, l’eucarestia”.

La processione finale ha accompagnato Conti e i suoi familiari, la sorella e il fratello e il fido don Robert, ringraziato da Pennacchio e Menichelli per come ha saputo essere il riferimento dell’arcivescovo emerito anche nei momenti di dolore, fino alla cripta. Da lì, proteggerà Fermo e la sua comunità. “Riposa in pace vescovo Luigi”.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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