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La voce di Palloni per l'addio a Mancini. "Ci vuole cuore per curare le persone"

3 Febbraio 2021

di Francesca Pasquali

FERMO - La voce profonda di Pierpaolo Palloni riempie l’aria, mentre la bara marrone chiaro esce dalla chiesa. Intona “La cura” di Franco Battiato, il baritono di Altidona. Il suo omaggio a chi, per lavoro e carattere, ha curato corpi e confortato animi.

Erano in tanti, stamattina, per l’ultimo saluto a Gianfranco Mancini, l’ortopedico dell’ospedale Murri, morto martedì notte, a 65 anni, dopo una lunga malattia. Pieni i banchi della chiesa di San Giuseppe Redentore, a Marina Palmense. Quelli che non sono riusciti a entrare hanno seguito la messa da fuori.

Un silenzio composto, rotto solo da un applauso quando il feretro è uscito, diretto a Fano per essere cremato. Poi riposerà nel cimitero di Marina Palmense, assieme ai genitori. In chiesa ci sono i famigliari, gli amici e i colleghi del Murri. Arriva il direttore dell’Area vasta 4, Licio Livini, e prende posto. Siede qualche banco più avanti Luisanna Cola che, assieme a Morena Coletti, ha reso meno sofferti gli ultimi giorni di vita del medico che, da giovane, era entrato in seminario.

Parte da lì, don Tony Venturiello, per ricordare «l’impronta delle fede che aveva fin da giovane e che non l’ha mai abbandonato». Mancini, un paio di settimane fa, aveva chiesto di vederlo. Voleva confessarsi e fare la comunione.

«Una confessione a cuore aperto. Mi ha detto che era rimasto poco tempo, che il momento era arrivato. Abbiamo pregato insieme», racconta il prete. «La sofferenza fisica e morale è stata tanta. È rimasto attaccato alla vita fino alla fine. Se c’è un Purgatorio, c’è già passato», aggiunge e ricorda l’amore del medico per le figlie Elena e Irene, «l’orgoglio più grande della sua vita. Siate orgogliose di aver avuto un papà come lui. Custodite per tutta la vita il patrimonio umano e spirituale che vi ha lasciato», e per la moglie Paola, sorretta per tutto il tempo della messa. Ma anche per gli amici, i pazienti e i colleghi di lavoro.

«L’ospedale Murri dovrebbe essere onorato di aver avuto un dottore come lui. Molte persone gli sono grate per come le ha curate. Ci vuole anche cuore per fare un mestiere», dice don Venturiello. E “Mancio” aveva un cuore grande. Lo provano i ricordi colmi d’affetto di amici e parenti.

«La luce si può fare anche nel silenzio, senza onori», legge da un foglio una nipote. Una luce che resterà accesa nel cuore di chi l’ha conosciuto e gli ha voluto bene.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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