“Tra qualche giorno potremo uscire di casa, ti veniamo a prendere e stai da noi. Magari martedì e mercoledì”. “Ma zio, al massimo potrò venire sabato o domenica, quando esco devo tornare a scuola”. Dialogo reale tra uno zio e una nipote di sei anni che sta frequentando la sua prima elementare.
In poche parole c’è racchiuso tutto quello che oggi non c’è: un domani normale con azioni mirate e un mondo, quello della scuola, trattato invece come l’ultimo dei pensieri. Affidato a una ministra che pensa di vivere nella Silicon Valley, la scuola, intesa come formazione, è abbandonata a se stessa nell’illusione che tutto stia andando bene.
I problemi, in realtà, sono molteplici. Il primo è quantitativo. Cosa stanno ricevendo gli alunni, di ogni età? Qualche slide, dei tutorial, ma praticamente nessuna interazione. Il problema è che poi basta intervistare i due professori super dinamici e carismatici e tutto sembra invece proseguire per il meglio.
Ma avete mai provato a guardare un video sul pc? Avete seguito uno dei famosi webinar? Bastano pochi secondi di segnale poco chiaro che l’attenzione crolla. E considerando le connessioni esistenti l’immagine tremolante e l’audio scadente sono la normalità.
Alle elementari magari ancora resistono, ma uno studente delle Superiori la prima cosa che fa, tanto è promosso, prende il cellulare e chatta con l’amico o lascia scorrere il video della lezione mentre finisce la partita alla playstation, che almeno è tangibile come uno dei laboratori lasciati vuoti degli istituti tecnici e professionali che non vivono tra Goethe e Cicerone.
Il problema è anche qualitativo. Mia nipote lo certifica. Per lei la scuola è imparare, uscire di casa e sedersi davanti alla maestra. È una routine carica di novità che non potrà mai essere replicata dal tavolo della cucina. E soprattutto mai dalla relazione con il genitore che non è un docente ma il punto di sicurezza e non di sano timore da prova.
Tutto questo è negato senza dare una visione tranne quella del “dobbiamo puntare sulla didattica a distanza”. Una leggenda metropolitana che piace agli esperti di Ict ma che non ha riscontro con la realtà e che dimentica chi comanda sulle lezioni online: il gigabyte.
Serve una ripresa, servono luoghi di interazione, servono aule ripensate, ma servono adulti capaci nel pianificare luoghi e metodi, cosa hanno fatto fino a oggi al ministero dell’Istruzione?, e che non si nascondano dietro le mascherine, che i bambini sapranno usare molto meglio di loro, dentro e fuori dalla scuola.