FERMO - Da quando le Marche sono in zona arancione, chi ha una seconda
casa in un Comune diverso da quello di residenza non la può
raggiungere, salvo che per «comprovata necessità e urgenza».
Una vera ingiustizia per il presidente di Confabitare Marche, Daniele Silvetti. «Il dpcm in vigore – spiega –
limita i casi possibili a quelli più tragici legati
a eventi calamitosi e la norma è oltremodo restrittiva, considerando
che si tratta di un bene immobile di proprietà e che il proprietario,
foss’anche con un proprio congiunto, se esce dalla propria residenza
per andare nella propria ulteriore proprietà, non corre rischi di
contagio, né per sé né per gli altri, ed esercita il diritto di godere
del proprio bene».
Un problema che riguarda anche le giovani coppie. Quelle che hanno
comprato casa in un Comune diverso da dove risiede la coppia o uno dei
due futuri sposi. Impossibile – denuncia Silvetti – seguire i lavori
di ristrutturazione e trasloco. Stesso discorso per i marchigiani in
smart working, che non possono raggiungere la seconda casa, né, in
caso di contagio, passare lì la quarantena. «Abbiamo avuto molte
segnalazioni. Le fattispecie – fa sapere il presidente regionale di
Confabitare – sono molte e tutte evidenziano numerose incongruenze,
sanabili con pochi accorgimenti».
Il divieto non fa eccezioni per le case di montagna. L’orientamento
del governo di tenere chiuse le piste da sci, per Silvetti, non è un
buon motivo per impedire di trascorrere ai proprietari qualche giorno
in alta quota. «Chi ha un appartamento a Sarnano, a Ussita o nelle
altre località di montagna – dice – non si capisce perché non possa
comunque godere di una proprietà personale, anche se è non quella in
cui è posta la residenza, pur continuando a pagarvi le imposte,
osservando le medesime prescrizioni che osserverebbe restando nella
propria città di residenza, ma contribuendo a far vivere le attività
economiche di piccoli Comuni a forte vocazione turistica, che su quel
sistema pongono le basi della propria sopravvivenza».
Non solo. Perché nei decreti “Ristoro”, finora, non sono state
previste misure a sostegno di chi «ha effettuato l’acquisto a fini di
investimento o è solito affittare l’immobile, come, invece, accade per
gli albergatori, né per i proprietari di case nelle città
universitarie che, per la maggior parte, con la didattica a distanza,
sono rimaste sfitte. Anche questo – chiosa Silvetti – è un punto che
andrebbe considerato».
f.pas.