di Raffaele Vitali
FERMO – La dottoressa Luisa Pieragostini, primaria del reparto di Pediatria del Murri, è da tempo in prima linea. Il suo reparto è un mix di tecnologia e fiaba, con peluche ovunque e Biancaneve che domina l'ingresso del suo studio. “I ragazzini sono un problema, fino a che non vacciniamo quelli tra i 5 e gli 11 anni il rischio è alto: loro sono il primo focolaio” esordisce senza esitare.
Dottoressa, è preoccupata per questo ritorno alla normalità?
“I piccoli hanno ripreso a fare le feste, i pigiama party. E questo comporta un calo dell’attenzione, perché basta un positivo asintomatico ed ecco che le classi finiscono in quarantena. Si parte dal bambino e si finisce con tutta la famiglia positiva, con il rischio che il più cagionevole vada poi in difficoltà”.
Lei è favorevole al vaccino per la fascia 5-11 anni?
“Fda americana ed Ema hanno già dato l’autorizzazione. E così i Israele. La dose è di 10 micron invece di 30. E poi la società italiana di pediatria è da sempre d’accordo. Proprio perché rappresentano il focolaio, sono la parte non vaccinata e infettabile”.
Per i critici, si vaccinano i bambini perché troppi adulti sono no vax, che ne pensa?
“Non è una questione correlata. Va fatta perché sono un canale di diffusione del virus. L’80% di loro sono asintomatici, magari hanno solo un raffreddore, che poi fa parte di questa stagione”.
Ma se il bambino non rischia molto, perché vaccinarlo?
“Si ammalano e per lo più sono asintomatici. Ma se poi sviluppano una Mis-C, possono morire anche loro. Ma soprattutto c’è il rischio long Covid, con effetti a lungo termine che possiamo solo immaginare a livello di cuore, renale, gastrointestinale. Ricordiamo che il bambino non si deve ammalare, non deve prendere il Covid”.
Coronavirus tra i bambini, ha avuto molti casi?
“Abbiamo avuto più che altro casi di sindrome polinfiammatoria multiorgano, ma negative. Questo significa che c’è stata una positività almeno due settimana prima. Due positivi più gravi sono stati inviati ad Ancona e 4 rimandati a casa, perché trattabili a domicilio”.
Cosa la preoccupa?
“Ho numerose bronchioliti, sono già cinque i ricoverati e il più piccolo ha due mesi e mezzo. L’anno scorso un solo caso. Tante le ragioni. Fratelli senza scuola, molto tempo dentro casa e mascherine: quindi non c’erano i fattori di rischio per i piccoli. Ora il virus circola, i genitori non stanno attenti, cominciando da lavaggio mani e mascherine, soprattutto se il bambino ha il raffreddore. E il virus è un po’ più virulento. Bisogno fare attenzione, si passa in un attimo dal catarro all’insufficienza respiratoria”.
Siete in grado di fare tutto?
“Sappiamo dove possiamo arrivare. Abbiamo avuto casi che ci hanno richiesto un monitoraggio continuo e lungo, situazioni delicate. Per fortuna la dottoressa Lanfranchi, esperta di rianimazione neonatale e non a caso è presidente della sezione marchigiana di neonatologia, è una garanzia. A questo aggiungo la mia specializzazione in anestesia e rianimazione. Quando siamo insieme riusciamo a superare le situazioni, altrimenti i bambini vengono spostati al Salesi”.
Lei che parla con i genitori, cosa pensano della vaccinazione?
“Un genitore ha sempre in partenza paura del vaccino. In più ce l’ha del Covid perché ne sono state dette tante. E prima con Astrazeneca, poi Pfizer e Moderna. E ora la mezza dose. Manca una chiarezza di fondo. Dovremo essere bravi a far capire che è molto maggiore il rischio di una infezione da Covid rispetto alla percentuale che varia intorno al 3% di possibili reazioni”.
Si è confrontata con i pediatri di famiglia?
“Non hanno nulla in contrario a dire al genitore di fare la vaccinazione tra i 5 e gli 11 anni. Alcuni sono stati sul campo, hanno controllato bambini positivi a casa. Tra l’altro l’indicazione della società italiana di pediatria è chiara: vaccinare”.
Covid a parte, come sta il reparto?
“Posso contare su tre dottoresse, ma sono 8 i medici previsti, a cui va aggiunto il direttore di struttura. Nonostante questo lavoriamo ‘bene’ con il supporto della cooperativa da cui ho scelto alcune persone di cui mi fido ciecamente. La pediatria è importante, ma soprattutto la neonatologia. Servono persone che sappiano assistere in sala parto. La pediatria va da una convulsione a una bronchiolite, malattie che si riescono a trattare, ma senza esperienza neonatale non si può lavorare. Siamo pochi, per fare gli ambulatori io devo mettermi di guardia e coprire così i miei medici. Manteniamo l’attività grazie al sacrificio delle mie tre dottoresse”.
Assunzioni in arrivo?
“Non ci sono medici in generale. I problemi sono i soliti: numero chiuso a medicina e a pediatria. Ora con un nuovo concorso forse riusciremo ad assumere un medico. Solo che bisogna essere scelti visto che nelle Marche i candidati possono inserire la preferenza dell’area Vasta. Così noi rischiamo di non prendere mai i primi che escono. Ai miei tempi dove ti chiamavano andavi a lavorare…”.
Come gestite l’acceso dei pazienti?
“Abbiamo una zona verde e una grigia dove vengono posizionati i bambini che arrivano dal pronto soccorso dopo il tampone rapido. Noi facciamo il molecolare sia all’accompagnatore sia al piccolo. Appena abbiamo il risultato vengono spostati nella zona verde. Sono quattro le stanze grigie in cui in media si resta per 6-8 ore, sempre assistiti”.
Lei lavora in un ospedale, il Murri, in cui tutti i medici ginecologi sono obiettori in merito all’interruzione di gravidanza, cosa ne pensa?
“Qualcosa di sbagliato. Indipendentemente da quello che uno pensa. Alla donna va data la possibilità di utilizzare la legge. Non vedo giusto negare un diritto, indipendentemente dal mio pensiero. Accadde al San Camillo di Roma e venne fatto un concorso apposito, autorizzato dalla regione”.
E' appena arrivata l'autorizzazione da parte dell'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, al vaccino per gli under 11, che messaggio manderà ai genitori?
“Che non devono avere paura, fidatevi del pediatra e dalla società italiana di pediatria. Vaccinate i piccoli, la malattia è importante a prescindere dall’età, fate di tutto per difenderli”.