MONTERUBBIANO – Da un lato Laura Conti, dall’altro Meri Marziali, due sindache di epoche diverse, due sindache che hanno raccontato la loro esperienza di donne alla guida delle rispettive cittadine: Castelfidardo e Monterubbiano.
Un incontro voluto da Uil Marche e Uil Pari Opportunità coordinato dalla segretaria Claudia Mazzucchelli: “Abbiamo voluto declinare due esperienze lontane nel tempo, che hanno in comune la fascia tricolore, l'importanza della partecipazione e soprattutto quella delle donne. In un momento come questo dove c'è molto individualismo vogliamo mostrare che i problemi si risolvono insieme, non criticando dietro lo schermo di un computer ma provando a impegnarsi in prima persona”.
Laura Conti è stata sindaca in due mandati (1967-1968 e 1972-1975), quando una donna sindaco faceva davvero notizia: “Capitava spesso di andare in Prefettura con gli atti del mio Comune e i dipendenti uscivano dai loro uffici per vedere la stranezza di una sindaca”.
Ascoltare le due protagoniste di “Sindaci in rosa, generazioni a confronto” ha mostrato l’altra faccia delle istituzioni. “Sono diventata sindaca quasi per caso – ha raccontato Conti - Inizialmente la proposta era stata fatta a mio marito, medico condotto del paese, ma lui rifiutò perché non voleva che la politica interferisse con il suo lavoro. Alla fine lo proposero a me. Essendo appassionata di politica e militante del Partito Repubblicano, accettai. All’epoca non esisteva l’elezione diretta del sindaco, quindi furono i consiglieri eletti a scegliermi. La mia nomina fu innovativa perché, oltre al Partito Repubblicano, fui sostenuta anche dal Partito Comunista”.
Si deve a lei la nascita della zona industriale di Castelfidardo: “Le condizioni di lavoro erano difficili, con molti che lavoravano in casa. La zona industriale, che attirò molte famiglie e trasformò l’economia del paese, fu un successo incredibile, tanto che aziende e operai vennero a stabilirsi qui. Ancora oggi, quando mi chiamano, usano il cognome di mio marito, Cianca, ma ciò che conta è che il mio contributo ha lasciato un segno nella storia del paese”.
C’è tanto ancora da fare nella regione di Ada Natali, prima donna sindaca d’Italia nel 1946, visto che solo il 14,6% dei comuni è guidato da una donna. Fermo nella sua storia ne ha avuta solo una, Nella Brambatti. “Donne come Laura mi hanno permesso di essere oggi qui. Vedete – riprende Meri Marziali, sindaca ed esponente nazionale del PD - essere donna in politica significa, anche oggi, dover dimostrare continuamente le proprie competenze, come se si dovesse superare una doppia prova: una verso l’elettorato e una nei confronti degli stessi ambienti istituzionali".
La sindaca racconta poi un episodio: "Durante una riunione tecnica sulla viabilità, il funzionario dell’ente proprietario della strada parlava solo con l’architetto, ignorando completamente me, nonostante fossi io a presiedere l’incontro come sindaca”.
Una scena alla Checco Zalone che la Marziali ha subito cambiato: “Quando ho preso la parola e ho fatto notare la mia posizione, c’è stato un imbarazzato riconoscimento del mio ruolo. Questo dimostra quanto sia ancora radicato il pregiudizio nei confronti delle donne in posizioni di potere. La legge sulle quote ha accompagnato un cambiamento culturale necessario, ma le disparità di genere persistono perché per troppo tempo le donne sono state escluse dai processi decisionali. Oggi è fondamentale che ci siano numericamente e qualitativamente più donne nelle istituzioni”.
Questo perché, è la domanda che si pone Meri Marziali: chi meglio di una donna può rappresentare le esigenze femminili? “Non vogliamo essere solo una quota, ma essere riconosciute per le nostre capacità e per ciò che portiamo politicamente e amministrativamente. Nel mio mandato ho sempre cercato di sostenere le nuove generazioni di ragazze interessate alla politica, promuovendo un consiglio comunale dei ragazzi e incoraggiando le giovani a intraprendere questa strada. Per coinvolgere più donne e giovani nella politica, è essenziale creare occasioni di partecipazione e ascoltare le loro voci. Solo così possiamo costruire una vera democrazia paritaria, perché non è solo la donna a perdere opportunità, ma è l’intero sistema che si impoverisce senza la loro partecipazione”.
r.vit.