La voglia di uscire, di stare insieme, di riprendere a frequentare locali, al chiuso, è grande. Per farlo, l’impegno collettivo non può mai diminuire. E così, alla vaccinazione, che resta l’unica vera arma contro la forza del Covid 19, bisogna continuare ad abbinare le buone pratiche.
La prima è quella di indossare la mascherina quando si sta nei luoghi al chiuso o nei momenti di massima concentrazione di persone. E invece, questo non accade. C’è un rilassamento che può mettere in difficoltò il sistema. Si sono riaperti i palasport, si è lottato per aumentare le capienze, ma poi all’interno in tanti, troppi, la mascherina se la abbassano o la mettono in tasca. E invece no, va tenuta indosso.
Così come al ristorante, ci si siede e la si toglie, ci si alza e si gira tra i tavoli pieni, per fortuna, di persone, e la si deve indossare. Regole banali, che possono sembrare anche non subito comprensibili, ma tali sono. Il punto, però, è che all’impegno personale bisogna abbinare i controlli, che non devono essere una scocciatura, ma la semplice routine. Molti gestori lo fanno, ma dentro un palasport chi lo deve fare? Forze dell’ordine o società?
E poi ci sono i controlli per entrare nei luoghi chiusi, che vanno mantenuti. Le palestre, tra le più penalizzate durante la pandemia, devono tenere alto il livello di guardia, come lo sport di squadra dove è necessario che chi entra in campo il green pass e l’abbia davvero, perché si condividono spazi e sudore.
Se è vero che ci sono ancora milioni di cittadini convincibili che il vaccino è sicuro, è anche necessario che tutti gli altri non dimentichino che mascherina e igienizzanti devono essere parte di loro. Il problema, per i tanti che criticano, non sono le feste in piazza, per fortuna i dati dimostrano che il vaccino funziona, ma come le viviamo singolarmente rispettando l’altro e, in questo modo, anche chi con meno senso comune rischia la sua salute e quella di chi gli è vicino non vaccinandosi, pur potendo.
Raffaele Vitali, direttore www.laprovinciadifermo.com