Analizzando queste lunghe giornate di blocco quasi totale della vita di ogni persona, parlandone con imprenditori, lavoratori e politici, la parola usata con più frequenza è stata ‘incertezza’. Per chi è abituato a vivere con le proprie certezze è già di per sé destabilizzante.
Ma chi vuole credere in un domani migliore, di nuovo libero, ha poi cominciato a costruire un castello più solido usando altre parole: bellezza, collaborazione, fiducia, sicurezza, lavoro, cultura. Che alla fine diventano ‘normalità’.
Il problema è però la base di partenza, quell’incertezza che rende tutto fragile, che fa del nuovo castello aperto oggi, 4milioni di persone al lavoro di cui 40mila nel Fermano, una specie di capanna dei tre porcellini.
Basterà poco per abbatterlo e, soprattutto, non servirà il lupo cattivo. Martelli e picconi, infatti, sono nelle nostre mani. Ogni cittadino sarà artefice della resistenza della casa comune. Mai come questa volta, perché il comportamento del singolo deve diventare il primo tassello della difesa della vita, che il Governo non riesce a normare in maniera chiara.
Si apre per l’uomo la fase della libertà intesa come solidarietà. Il tempo della libertà individualista è finito. Per generazioni cresciute con la certezza che ‘io sono io e poi ci sono gli altri’, con la certezza che la volontà è la prima arma, arriva la rivoluzione: nessuno si salverà da solo.
Eccola la libertà relativa, che è più complicata di quella vigilata, perché non possiamo derogarne il controllo ad altri: la sua sopravvivenza dipende da noi, da come useremo le mascherine, da come terremo le distanze, da come sapremo usare al meglio aria, sole, cielo, strade e parchi insieme con gli altri.