FERMO – Dieci milioni di opere pubbliche incompiute, un miliardo di ipotetici investimenti, tra promesse e rinvii, rimasti sulla carta. Ecco il modo di Ascoli e Fermo visto dalla Fillea Cgil, guidata dalla battagliera Paola Senesi. Mille iscritti per il sindacato che tutela i lavoratori dell’edilizia, del legno e delle cave, realtà molto radicate nelle province marchigiane del sud. La Senesi sarà la guida per i prossimi quattro anni “che saranno di battaglie per la legalità, per il lavoro e per la buona qualità dell’occupazione” ribadisce. Sisma, rete infrastrutturale, impianti fissi sono tre principali direttrici verso cui è e sarà rivolta l’azione della categoria.
RICOSTRUZIONE POST-SISMA
“Dopo il sisma del 2016, è partita con il passo sbagliato: già nella fase dell’emergenza si sono visti i gravi limiti delle tante aziende e committenze che hanno operato. A distanza di tre anni dalle principali scosse, la ricostruzione si è rilevata lenta e sregolata”. Ma non solo, la Sensi lancia un altro allarme: "Nelle province coinvolte nella ricostruzione, il sistema ha dimostrato di non avere anticorpi robusti contro infiltrazioni e abusi e tutto si è svolto in totale assenza di regole, trasparenza e legalità”.
GRANDI OPERE
Qui il sindacato è in perfetta sintonia con l’impresa, basti pensare alle parole di Stefano Violoni, Ance Confindustria, di pochi giorni fa: “Nei due territori sono al palo diverse grandi opere e grandi interventi infrastrutturali. Tanto ci sarebbe da dire anche per i 18milioni di euro del piano per le periferie che, sebbene programmati, non sono stati ancora cantierati. Così come non si vede la luce per l’Ospedale di Amandola, il ponte di Rubbianello, ma anche il completamento della provinciale Mezzina e l’ammodernamento della mare monti”. Infine, la chicca: “Sarebbe utile anche ripristinare la ferrovia che collega Amandola con la costa e la relativa elettrificazione”.
IL SETTORE
Nelle province di Ascoli e Fermo, negli anni della crisi, si sono persi quasi il 50% dei posti di lavoro che significano oltre 3000 posti in meno e oltre 600 aziende cessate. “A questo si aggiunge un dimezzamento delle ore lavorate e delle masse salari delle casse edili (da 60mila del 2009 alle 30 mila circa del 2018). La media delle ore mensili lavorate in edilizia si attesta intorno a 100 nelle province, numero che da solo dice dove sta andando il settore e quali trasformazioni in termini di riemersione di lavoro nero e grigio sta subendo”.