di Raffaele Vitali
FERMO – La musica vuole tornare a riempire l‘aria, a richiamare persone, come e più del magico piffero di Hamelin. Sono ripartite le scuole di musica, ripartono ora i concerti, in particolare quelli legati al jazz.
Michele Sperandio, pronto a far muovere le bacchette sulla sua batteria?
“L’unico vantaggio della musica in questo lungo lockdown, rispetto al teatro, è che noi possiamo stare un po’ più lontani e non perdiamo il sound”.
La musica riparte, ma come?
“Intanto la didattica, la prima cosa che poteva far tornare la normalità”.
E gli eventi?
“Serve il pubblico. Eravamo tutti in attesa delle regole. E per fortuna calando i contagi pian piano le maglie della sicurezza si allargheranno”.
Lei fai musica jazz, un genere ancora più sicuro?
“Stavo riflettendo con alcuni collaboratori che si è creato un errore di percezione tra musica e intrattenimento”.
Ovvero?
“È stato frainteso che fino ad ora si è detto ‘non si può suonare’, ma in realtà il nodo non è suonare, ma cosa si suona. Se la questione è non far ballare e creare assembramento, c’è il concerto vero e proprio dove uno sta seduto e ascolta una performance. Non è una lamentela, capisco l’azione generale. Ma pian piano bisogna diversificare, ridiscutere. Se io suono in un festival con i posti a sedere, il ruolo è diverso da quello di un dj. Poi se uno pensa al concerto e immagina gli Ac/Dc è difficile allargare le maglie. Ma in un locale grande o in uno spazio come la Rocca di Poto San Giorgio tutto è possibile”.
Quali progetti porterà avanti?
“Programmandoli noi abbiamo giocato al contrario, non adattando il prodotto alle regole. Abbiamo costruito iniziative che mantengono la musica abbinata alla promozione del territorio, penso a Porto San Giorgio dove ai concerti abbiamo abbinato contest fotografici, con artisti che con i loro scatti hanno portato la città in giro per l’Italia”.
Il Jazz non è una musica da assembramento, ma a Castel San Giorgio voi riempivate ogni metro. Come farete a non perdere l’anima del luogo?
“Un luogo affascinante, con i locali diventati partner. Quest’anno la scelta di rocca Tiepolo per noi è perfetta. Il posto è affascinante, il festival non si ferma, gli appassionati dovranno solo fare un po’ di strada in più. Al massimo il prossimo anno raddoppieremo considerando che sarà il decimo anno di Jazz al Castello, il mio ottavo da direttore artistico”.
La fortuna dei musicisti è che ci si poteva esercitare a casa, ma quanto vi è mancata l’interazione con le persone?
“Tantissimo. Il jazz è basato sull’ascolto e ala risposta allo stimolo che ti dà il collega. Una creatività continua che vive sull’improvvisazione, il given take è stato quasi impossibile”.
I fotografi hanno lavorato su facetime, per voi esiste una piattaforma che vi rendeva orchestra a distanza?
“Prima del lockdown ho comprato una scheda audio e ho migliorato il mio studio, ho scelto di investire su di me imparando a registrare al meglio, creando un canale didattico. Questo mi ha permesso di migliorare il mio lavoro, di creare nuovi contatti e di creare musica con musicisti che non conoscevo”.
Il web è davvero un’opportunità?
“Un musicista inglese mi ha mandato del materiale, i suoi provini, io ho suonato sopra i provini e poi lui ha realizzato la canzone. E come con me un contrabbassista, un pianista francese e da qui nascerà il disco che poi speriamo di suonare insieme. Ma sperare di creare orchestre virtuali è quasi impossibile, perché la latenza è un’avversaria”.
Su che palchi salirà questa estate?
“Il primo programmato è a Mantova il 25 luglio, all’interno di un importante festival, insieme con Daniele Sepe e il nostro Convergenze parallele. Prima a dire il ci saranno Jazz al Castello a luglio e ad agosto Pedaso, ma i programmi sono in via di definizione”.
Concerti nei locali?
“Non semplice l’organizzazione per loro. Attendono linee guida sicurissime perché già le spese sono tante, non si può sprecare. Per cui siamo tutti in attesa, anche se ci sono proposte di locali che vogliono unire un mix tra intrattenimento e musica di qualità, d’eleganza”.
A Fermo?
“Sul palco di villa Vitali anziché piazzale Azzolino con belle sorprese”.
Parliamo di didattica, il Cantiere musicale ha riaperto, fino a quando andranno avanti le lezioni?
“L’obiettivo è non fermarsi ora che abbiamo acceso i motori. Gli allievi ci sono mancati così tanto che l’estate sarà di lavoro per tutti”.
Qualcuno ha abbandonato lo strumento durante il lockdown?
“Chi non lo aveva a casa disponibile ha fatto più fatica, ovviamente. Però più che ‘non riprendo più’ in molti hanno scelto il ‘rivediamoci a settembre’ perché stanchi di ogni didattica. Ora puntiamo a intercettarne di nuovi a inizio settembre quando faremo l’open day. Intanto andiamo avanti con i molti che vogliono suonare senza sosta anche ora che fa caldo”.
Energia e sorriso per il futuro?
“Abbiamo investito sulla struttura nuova, abbiamo perso tre mesi chiave, ma non possiamo guardare indietro. Speriamo che l’estate sia la nostra primavera. Perché il cantiere è pronto a stupire tutti e presto lo farà con un piccolo club e uno studio di registrazione”.