di Raffaele Vitali
MONTEGRANARO - “Luca Vitali che stava diventando un leader. La voglia di Valerio Amoroso. E crescevano Cinciarini, Canavesi e Filloy. Un gruppo di italiani super con americani ben selezionati da Lucio Zanca: Thomas, Minard, Garris, Ford. Ricorderò sempre la presentazione della squadra, quado entrammo in campo la prima volta”. C’era una volta la grande Sutor, c’era coach Alessandro Alex Finelli in panchina. Erano i tempi del ‘quella curva gialla sembrava il muro del Maccabi’. Parole che la dirigenza ha inserito nel disegno esclusivo in vendita su Ebay con ricavato destinato alla casa di riposo di Montegranaro (clicca per partecipare all'asta benefica).
Finelli e il giovane Dg Lorenzo Governatori hanno raccontato gli anni della cavalcata con l’indimenticabile serie play off persa in gara 5 contro Milano. “Ho vissuto l’orgoglio di aver costruito qualcosa di unico. 4mila persone dentro il PalaSavelli, incredibile. Certo, poi perdemmo e non arrivammo in semifinale, l’amarezza ci fu ma anche la consapevolezza di quanto fatto, il ricordo delle persone in fila al botteghino dopo che vincemmo gara 4 a Milano per non perdere la sfida decisiva”.
Finelli è un fiume in piena, è evidente che parlare di Premiata lo rasserena. Come il sollevare davanti alla telecamera un cimelio dopo l’altro: la maglia con tutti i volti della stagione, il mezzo pallone con le firme pensato da Papagnò, le pagine di alcuni quotidiani del tempo incorniciate e poi il grembiule da lavoro donato da un calzaturificio.
Era una Sutor particolare, era la Sutor degli italiani che giocavano da protagonisti: “Quelli di allora erano molto forti. La differenza rispetto a oggi, però, è la società guidata da Tiziano Basso che allora li identificò, li mise sotto contratto e gli diede fiducia. Fu un lavoro in cui credeva la proprietà, anche prima dell’arrivo di Pillastrini”.
E il nome che Finelli fa come ‘responsabile’ di questo percorso virtuoso è uno: il vicepresidente Edo Trapè. “La sua passione nella ricerca del talento italiano da lanciare. Un sistema che ha preso valore con Pillastrini, che credette in Maresca, Amoroso e Luca Vitali portandoli ad alti livelli”. E poi il retroscena che torna: “Pilla provò a prendere Danilo Gallinari l’anno che invece scelse la mia Pavia per motivi geografici. Pilla ci aveva provato a portarlo grazie al cugino De Vecchi. Quella Sutor era una società seria e affidabile che dava davvero opportunità ai giovani”.
Una crescita continua con Zanca, che con abilità e credibilità firmò Andrea Cinciarini e Luca Lechthaler. “Anche oggi – prosegue Finelli - i giovani ci sono, ma servono idee e strutture importanti. La Sutor di allora aveva un grande staff, gli invisibili. Con me Stefano Vanoncini, grande specialista del lavoro in palestra, Massimiliano Domizioli, Gennaro di Carlo. Il preparatore atletico era Giustino Danesi, forse il migliore in Italia. La società diede valore alla programmazione, mettendo i giovani italiani di lavorare con le eccellenze”. E l’elenco poi si allunga delle persone importanti, dai fisioterapisti a Perticarini, da Antonello Nevola a Gianmaria Vacirca: “Dietro c’è una programmazione, una visione del club che sa scegliere le persone giuste”.
E su Vacirca, figura che a Montegranaro ha diviso i cuori, Finelli si sofferma: “E’ un grande creativo, co un grande dono, sa individuare il talento come faceva Pillastrini. Ha proposto che Cremona faccia una scelta netta. Avendo il coach della Nazionale di puntare su due americani e 8 giovani ambizioni italiani. Un’idea importante, ma la chiave sono dirigenti e proprietari illuminati che capiscano cosa serve per far emergere il talento italiano”.
Inevitabile poi per Finelli parlare del momento ‘storico’ che ha vissuto la piccola Montegranaro: l’arrivo di Shawn Kemp: “Il secondo anno fu complicato. Iniziò con gli addii di Zanca, Vitali, Thomas. E per fortuna tenemmo Garris. Nuovo direttore generale, Roberto Carmenati, solo che era uno scout Nba, non un dirigente”. L’obiettivo era accadere a talenti da lanciare, come fatto con gli italiani, avendo una buona reputazione.
“Arrivò Bryce Taylor, che ha fatto poi una bella carriera in Eurolega, ma ci incartammo su Shawn Camp e Darius Rice che per Carmenati erano fortissimi Ci convinse a tutti, dando referenze concrete. Kemp non giocava, ma per lui sarebbe stato il miglior centro del campionato. Rice era previsto come il miglior quattro. E invece Kemp aveva i crampi dopo la treccia e il primo 3vs2. Per fortuna la società fu brava. Io dovevo essere più determinato e mettermi di traverso. Non lo feci per rispetto dei ruoli. Intervenimmo a settembre e poi ancora a dicembre, ci salvammo ma avremmo potuto fare di più”.
Anni indimenticabili “in un ambiente – confessa il coach che sta creando qualcosa di importante a Mantova - che non ho più trovato. Fatto di passione, pur se piccolo, ma con un grande fuoco e una così bella organizzazione. Ho lavorato in società di alto profilo come la Virtus e la Fortitudo che come solidità e staff mi hanno ricordato quelle della Sutor, ma per il tifo solo la Fortitudo aveva la stessa forza dei Rangers. Vedete, a Montegranaro c’era amore forte e incondizionato nella squadra. La passione la vedevi. Un esempio: un coro per ogni giocatore solo a Montegranaro e a Bologna prima delle partite. Attenzioni non banali, non scontate. Ecco, Cantù assomigliava alla Sutor di quegli anni, come ambiente”.
Il futuro è una incognita per tutto il basket. Finelli, da comunicatore oltre che coach, un consiglio lo dà: “Saranno mesi difficili senza dubbio. Noi allenatori ci incontriamo online, tantissimo tempo ad ascoltare i più importanti, italiani e non. C’è molto fermento a livello tecnico per gli allenatori, desiderio di crescere e migliorare. Dal lavorare in palestra si ripartirà, dal desiderio di tornare dentro la palestra con i nostri giocatori. Le palestre sono intatte, i palloni ci sono, nessun alibi: dobbiamo far migliorare il movimento attraverso il lavoro, attraverso i coach”.
E la Sutor, che fine farà: “Ricordo pranzi e cene da Patrizia e tante persone che mi hanno dato tanto e fatto crescere come persona. Ma dovete andare avanti, ci sono molte pagine di storia da scrivere”.