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Italiana, madre, di mezza età: ecco la donna che subisce violenza. Paura e Covid, meno richieste di aiuto: "Vado a fare la spesa". E invece incontra l'avvocato

24 Novembre 2020

FERMO – La lotta contro la violenza sulle donne, o di genere che dir si voglia, unisce tutti: Antonella Orazietti per la Commissione pari opportunità, Laura Gaspari della cooperativa on the road, Moira Canigola presidente della Provincia. Il 25 novembre il sistema si concentra su questo reato grazie alla Giornata voluta dall’Onu che domani colorerà di arancione molti palazzi istituzionali (il numero per chiedere aiuto nel Fermano è 800215809).

“Bisogna partire dal linguaggio, fondamentale per far capire quanto sia una emergenza vicina a noi con numeri importanti. Spesso leggiamo articoli che fanno rabbrividire, con la vittima che viene presentata in maniera becera, cancellando in poche battute il lavoro di anni” spiega la Canigola.

“In questo periodo la violenza non si ferma, lo stare a casa e in isolamento non è un deterrente, una facilitazione e accrescere la sicurezza. Purtroppo, i casi di rischio aumentano, come le richieste di aiuto” prosegue la presidente della Provincia che ricorda come l’83% dei maltrattamenti siano sulle donne e il restante sugli uomini.

“Il 25 novembre celebra la forza delle donne, non la loro morte. Si celebra la resistenza, l’azione delle donne, la forza e gli obiettivi chiari che bisogna avere: forza, speranza e resilienza”.

I NUMERI

La fotografia dell’Istat è pesante. Tra marzo e giugno 2020 le chiamate al numero antiviolenza 1522 sono cresciute del 120%, da 7mila a 15mila in Italia. “Da semplici richieste di aiuto a vere denunce”. Non ci sono fasce sociali escluse dalla violenza. Nelle Marche da 141 a 286 chiamate, nel Fermano da 10 a 18 casi seguiti dai centri antiviolenza. “La verità è che si dovrebbe sempre parlare di questa situazione, è una realtà che va affrontata e rappresentata continuamente” è l’appello della Canigola al sistema della comunicazione e sociale.

Cresciute le chiamate, ma non i reati. “Un lavoro culturale e sociale resta la base di partenza. Poi c’è l’avvicinamento delle donne, il lavorare sulla loro consapevolezza della realtà, che spesso non riesce a sfociare nella denuncia perché è complesso ammettere che la relazione è pericolosa” sottolinea la Orazietti che spera che domani vengano colorate di arancione anche le sedi delle aziende.

VIOLENZA E CULTURA

“Noi possiamo lavorare sul prima, intervenendo su figli e giovani. Possiamo sensibilizzare la società civile. Possiamo lavorare sulla consapevolezza del ruolo di ognuno: resto sempre meravigliata quando di fronte alla violenza i commenti dei vicini siano sempre ‘erano brave persone’. E invece i segnali ci sono, il contesto attorno alla vittima è fondamentale per aiutarla a uscire da quella realtà” riprende la Orazietti.

La Provincia di Fermo nel mentre si è dotata della rete tra tutti gli operatori sociali, politici e sanitari. “Uno strumento da affinare e monitorare che però ci permette un approccio sinergico. Però dobbiamo riunirci più spesso, non è, utile una volta all’anno”.

ON THE ROAD

Laura Gaspari entra nel merito di ‘Orange is the new word’. “Durante il primo lockdown c’è stato un azzeramento dei nuovi accessi. Abbiamo supportato chi già era seguita. Poi, invece, le donne sono tornate d’estate a frequentare i nostri sportelli e i centri anti violenza. Essere costrette a rimanere chiuse in casa ha limitato la possibilità di chiedere aiuto. Che siano aumentati i contatti al numero verde dimostra l’efficacia della campagna di comunicazione nazionale, che sarebbe bene fare tutto l’anno. Purtroppo la chiamata al numero verde non ha poi portato a un passo successivo, le donne si sono fermate alle informazioni”. E torna il tema della consapevolezza, minata anche dalla paura da Covid.

LE VIOLENZE

“Donne sempre più sole nonostante i tanti servizi online forniti, incluso il supporto legale”. Le violenze fisiche sono diminuite, ma sempre più sono quelle psicologiche ed economiche. Sia in termini di quantità, sia di qualità. Le donne si sentono ancora di più umiliate e inutili”. C’è un dato negativo che spinge le donne impegnate in provincia a riflettere: “Solo due richieste di accesso alla casa rifugio negli ultimi mesi, mentre negli anni non si era mai svuotata”. Il calo delle donne che si rivolgono alle case rifugio è la riprova della difficoltà di uscire da casa. Quelle che arrivano sono spesso donne che hanno subito violenze gravi. Ancora le donne hanno paura di denunciare, di andare al pronto soccorso, nonostante percorsi sempre più sicuri e garantiti”.

I PROCESSI DA CODICE ROSSO

Maria Gabriella Caliandro, consigliera di parità, è avvocato: “Sul fronte della denuncia le criticità a inizio pandemia hanno portato a ridurne il numero. Mentre ha tenuto il livello del tribunale per i processi da codice rosso, la norma non prevede rinvii e così le udienze si sono tenute regolarmente. Questo serve alle donne, che sanno che quando scelgono di denunciare il sistema le supporta. Procura inclusa che ha firmato il protocollo con la Prefettura”.

In tribunale arrivano donne straniere e italiane. “La frase ‘a me non capiterà mai’ è quella mai da dire. La luna di miele purtroppo termina e illude, trasformando la violenza in un’idea di litigio momentaneo. Le donne hanno usato anche scuse come ‘l’andare a fare la spesa’ per riuscire a incontrare l’avvocato durante il periodo della pandemia. Il controllo era ancora più forte da parte del compagno, ma hanno avuto coraggio. Più complessa anche la formalizzazione della denuncia, con la difficoltà di dover ascoltare la dona entro tre giorni da parte del magistrato. Ma il sistema ha retto, ognuno ha fatto il massimo”.

LA VIOLENZA NEL FERMANO

“Contiamo 40 prese in carico nella provincia di Fermo”. L’anno scorso erano 52. “Una diminuzione dovuta a un calo di richieste iniziali”. Chi arriva a chiedere aiuto? “Quasi totalmente italiane, a riprova che la violenza non ha razza e che le donne straniere ancora non hanno accesso a molti servizi, non lo conoscono. Sono doppiamente discriminate. Quasi tutte donne italiane, sposate, con figli, tra i 30 e i 50 anni. L’anno scorso si stava abbassando l’età delle donne, quest’anno invece sono quasi tutte con una stabilità e con necessità particolari, più complesse da supportare”.

Per le donne seguite ci sono tirocini, corsi di formazione e di nuovo inserimento. “Come on the road abbiamo indirizzato le donne alla Caritas, alle associazioni che con noi compongono una rete fondamentale. chiaro che sono aiuti migliorabili”. Un anno fa con l’Ambito territoriale di Fermo abbiamo dato fondi alle donne anche per pagare bollette o corsi di formazione, c’è bisogno di concretezza”. E la progettazione tornerà nel 2021 insieme con Alessandro Ranieri

FIDUCIA

Tunia Gentili, componente della commissione, prova a mandare un messaggio di fiducia: “Il tema della violenza è cresciuto come tema a livello internazionale. Finalmente si parla di prevenzione, sostegno, accoglienza e supporto anche finanziario”.

La presidente Orazietti torna sulla vittima tipo: età media, classe media e italiane. “Non stupiamoci, sono le donne che hanno consapevolezza. La difficoltà con gli stranieri è proprio nel riuscire a dialogare, perché molto spesso le donne erano ‘protette’ dagli uomini. Donne che spesso non parlano italiano e chi magari è pronta a partecipare a un incontro è quella che lavora ed è già più inserita. Per questo continuiamo a lavorare per allargare il protocollo”, ma farlo anche diventare operativo, non ci si può vedere ua volta l’anno. Dobbiamo allargare i canali.

LA PROSPETTIVA

“Cosa accadrà da marzo, quando partiranno i licenziamenti collettivi?” si domandano Canigola e Gentili. “ Diventeremo numeri dei piani occupazionali e aumenteranno i soggetti fragili: donne e over 50, ma in realtà chiunque ha più di 35 anni ed esce dalle politiche governative. Senza lavoro il gap aumenta ancora e con questo anche la difficoltà di essere indipendenti e capaci di allontanarsi dal violento. Per cui dovremo essere vigili, sempre più”.

@raffaelevitali

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