PORTO SANT’ELPIDIO – Pensare e progettare il futuro dell’ex Fim è diventato uno degli obiettivi di Italia Nostra. Difendere un presidio dello sviluppo economico delle Marche tra fine 800 e 900 come la Fabbrica Interconsortile Marchigiana (Fim) per l’associazione è una questione di principio.
“L’impianto industriale veniva inaugurato il 9 luglio del 1911 e, all’inizio, vantava una capacità produttiva di 120.000 quintali annui di concime. Si era scelto un luogo strategico. Lo stabilimento produttivo si componeva di una serie di edifici, oggi resta la “cattedrale”, un preziosissimo esempio del patrimonio architettonico delle Marche”.
Un esempio di archeologia industriale che molte associazioni vogliono preservare come accaduto con la Centrale Montemartini a Roma, sede museale all’interno del polo espositivo dei Musei Capitolini; il villaggio operaio Crespi d'Adda nel bergamasco; la Tonnara di Favignana, la cui denominazione ufficiale è Ex Stabilimento Florio (vedi il romanzo di successo “I Leoni di Sicilia”), delle tonnare delle isole Favignana e Formica. Il più importante e moderno stabilimento industriale del Mediterraneo per la lavorazione del tonno, costruito nella seconda metà dell’800.
“Perché la storia e la cura del paesaggio di Porto Sant’Elpidio dovrebbe avere sorte diversa? Oltre 110 anni di storia (1911), oggi rischiano di essere seppelliti da scartoffie legali e ravvedimenti inopportuni rispetto a quelle che erano le indicazioni primarie. Perché in tutti questi anni la salvaguardia dell’area non è stata osservata? C’è negligenza da parte di chi?”.
Italia Nostra non accetta la linea del “la bonifica non è possibile con quell’edificio” e rilancia: “Venti anni trascorsi invano erano sufficienti ad avviare qualsiasi azione ed oggi sicuramente Porto Sant’Elpidio poteva godere di un’area recuperata al degrado, esempio di efficienza e di amore per il territorio. A modesto parere si suggerisce che in una prima fase sarebbe opportuno concentrare ogni azione sui terreni del sito e, in un secondo momento, porre l’attenzione alle strutture in muratura”. Così facendo, si troverà la soluzione per preservare l’archeologia industriale. “Di questo parleremo l’11 febbraio in un incontro pubblico” conclude il presidente Gioacchino Fasino.