di Raffaele Vitali
Marco Palmieri è l’uomo che ha dato vita a Piquadro, un colosso italiano da 120milioni di euro di fatturato. Intervenendo al Pitti, durante la presentazione del Mipel Lab, una piattaforma di matching che vuole aiutare davvero le imprese, ha spiegato quello che serve al mercato e quello che va ricercato.
Palmieri, lei parla spesso di filiera. Ma chi controlla che funzioni tutto al meglio e si rispettino lee regole?
“Penso che ci voglia un mix. L’imprenditore deve avere regole certe, che impongono sistemi di controllo. Poi c’è l’etica, ma ognuno ha la sua. Di certo ci vuole uno Stato che controlli, non si può delegare tutta la responsabilità all’imprenditore, perché è complicato”.
Cosa rende difficile controllare la filiera?
“Se un imprenditore è disonesto, ci sguazza, l’onesto rischia di uscire dal mercato per tutti i problemi che si pone. Ma se io do le borse da cucire a un laboratorio e in quel luogo alle due di notte i pezzi li portano fuori e alle 4 li riprendono, può essere che lo Stato non controlli? È mia responsabilità? Diamo all’impresa regole certe da applicare, poi si pianifichi la verifica. Non può essere che io debba essere responsabile se nell’ultimo anello della filiera c’è qualcuno che lavora in nero a mia insaputa”.
Capitolo sostenibilità, è la soluzione?
“Tutti ne parlano, ma poi quali sono i criteri. Le faccio un esempio: quando ho iniziato a fare prodotti con materiali riciclati ho chiesto cosa significasse. Mi rispondevano che c’erano delle certificazioni che garantivano la definizione. Ma quanto materiale serve? Noi abbiamo deciso di creare un parametro: il peso del materiale riciclato sul prodotto è il nostro parametro. Un criterio che ci siamo dati noi. E infatti se vai nei nostri negozi trovi una borsa al 60% riciclato. Un cliente ha detto ‘io non lo compro, troppo bassa la percentuale’. Quando invece un dato così è in assoluto tra i più alti. Gli altri neppure dicono quanto riciclano, ma sembrano perfetti. Ecco, chi controlla?”.
E quindi?
“Regole anche in questo caso, il legislatore mi dica cosa può definirsi tale. Non può vincere chi comunica meglio. Servono parametri, percentuali reali e tipologie. Le aziende serie sono confuse, i furbi gongolano. Io sono un liberista liberale, ma qualche regola serve.
Come vede il futuro del mercato?
“Al momento il più grande sta vincendo, ma non credo che accadrà per sempre. Nasceranno nicchie di prodotti sofisticati e di ricerca, di artigianalità. Il consumatore, quando tutti avremo la stessa cosa addosso, andrà in cerca del prodotto diverso”.
Cosa pensa dell’ingresso dei fondi nelle aziende?
“Troppe volte, e da anni mi muovo nella Finanza, i private Equity entrano nelle aziende senza le competenze necessarie. E poi il fondo in media resta per cinque anni, quindi non ha una vera visione, ma è normale perché deve rivendere per restituire i soldi a chi li ha prestati. Se guardate i dati delle aziende piccole negli ultimi dieci anni, vedrete che non sono molto i casi di successo”.
Lei è impegnato in acquisizioni, quale è la strada della sua azienda?
“Ci piaceva Sergio Rossi, ci speravamo e ci abbiamo provato, poi è arrivato un cinese e ha comprato. Noi continuiamo a cercare, la scarpa ci piace. Ci muoviamo con due strutture dentro Piquadro, società quotata e liquida che si muove nel campo sinergico. Poi Picubo che invece tendenzialmente entra in minoranza, non gestisce prendendo anche settori lontani dal nostro mondo, dalle farmacie alle start up che fa sistemi di videoconferenze”.
Quindi, cosa accadrà?
“Negli ultimi quattro anni abbiamo fatto due acquisizioni, due aziende che perdevano tanto. Una, Lancel, è passata da -30milioni a -2, l’altra The Bridge, da -6 a +1,5 milioni, grazie a un team molto capace. Noi prendendo la maggioranza portiamo competenze. Anche nel settore scarpe, cerchiamo un prodotto finito. Brand con storia, identità, posizionamento, magari desueti e stanchi con qualche difficoltà finanziaria (distressed), ma solide. E non è detto che sia una azienda italiana, in Francia ci siamo trovati bene. Lancel ha tenuto la sua anima francese, ma produciamo in Toscana”.