di Raffaele Vitali
FERMO / FIRENZE – Si aprono le porte della Fendi Factory di Bagno a Ripoli, nella campagna di Firenze. Il presidente e amministratore delegato Serge Brunschwig vuole mostrare il luogo costruito pochi mesi fa che racchiude tradizione, storia, bellezza ed eccellenza tipiche del made in Italy.
Un luogo di qualità, prima pelletteria al mondo, che ha ottenuto la certificazione internazionale LEED Platinum, che si basa su criteri di sostenibilità, dalla gestione delle acque alla scelta dei materiali, con particolare attenzione alla qualità dell'aria e al benessere acustico.
Da questo edificio immerso nel verde, dove una volta si trovava la fornace Brunelleschi, il Ceo della griffe, a poche ore dalla sfilata in occasione del Pitti, racconta la sua visione di azienda che si snoda su diversi poli produttivi, tra cui quello di Fermo. Nuove fabbriche che escono dal concetto di semplici poli produttivi, diventando ambienti di lavoro sostenibile.
Con tanto, per Firenze, di giardino pensile, di grandi vetrate che rendono il posto di lavoro un tutt’uno con la natura. “Uno spazio che parla di noi” ribadiscono i vertici della maison che a Firenze dà lavoro a 400 persone, 100 in produzione, con un piano di sviluppo che porterà a 700 i dipendenti, anche grazie a un rapporto stretto con le scuole.
Mister Brunschwig, come si resta protagonisti nel futuro?
“Ricevendo certificazioni come quella di oggi che dimostra come la scelta di puntare su un luogo nuovo, che vive di luce naturale e impatta meno sull’ambiente, migliorando la vita di ogni lavoratore, sia giusta”.
Basterà per attirare i giovani. Come si avvicinano, che formazione serve?
“Il primo punto è la cultura. Una volta c’erano famiglie in cui i figli seguivano il lavoro dei padri. Oggi è diverso, meno figli e una crescita di altre forme industriali molto rapide. Bisogna trovare i giovani e capire come convincerli, come comunicare con loro. Dobbiamo far capire la meraviglia di chi lavora nella moda. Mostreremo il fascino del prodotto, ma anche la nascita del prodotto stesso. Anche per questo l’azienda ha tante finestre, come accadeva nel 1925 alla nascita del brand Fendi: tutto deve essere visto e vissuto. Torniamo all’origine”.
Come giudica i giovani che incontra?
“Sono fantastici. Sono geloso del loro futuro. Non è vero che non sono predisposti al sacrificio. Sono sempre gli stessi: vogliono fare qualcosa di motivante, essere fieri di loro, vogliono stabilità. Oggi c’è la via del lavoro manuale che dobbiamo fargli capire che è una bella vita, anche remunerativa”.
Lei è entrato nelle scuole, adottando una classe, il sistema Fendi funziona?
“Tutte le griffe devono farlo. Tutta l’industria deve essere coinvolta in questo sforzo. Non basta Fendi, mostriamo la strada. Ma già dentro Altagamma siamo una ventina di marchi. Noi abbiamo adottato due scuole, tra cui quella di Fermo, e presto ne avremo una terza”.
Cosa ne pensa del problema dei piccoli a cui i grandi brand prendono i migliori dipendenti?
“Come facciamo a crescere se non ci sono persone che lavorano? Non serve ‘rubare’ uno, non è la soluzione, anche se si può fare. Dobbiamo insieme formare e creare così numeri importanti di figure utili. C’è l’opportunità, c’è un mercato. Lo vogliamo o lo lasciamo a qualche alto paese?”.
Ma le scuole, a parte la vostra classe dentro l’Ipsia Ricci, sono pronte a formare i giovani?
“Le nostre classi ci rendono super contenti. Noi ci impegniamo, mettiamo a disposizione macchine e persone. Ci investiamo perché dopo due anni gli studenti sono quasi pronti a entrare nel lavoro. Sul resto c’è da lavorare, insieme”.
Forse va cambiata la parola operaio per attirare i giovani?
“Le parole hanno il loro peso. Chiamiamoli se vogliamo artigiani. Bisogna far capire anche alle famiglie la bellezza del lavoro manuale, del rendersi protagonisti. Silvia Fendi si definisce un’artigiana, questo già fa capire il valore che dà. Tra disegnare e fabbricare un prodotto c’è una differenza? In realtà in questo luogo si pensa e produce, quindi si è parte dello stesso percorso”.
Brunschwig, come sta andando la nuova fabbrica di Fermo, soddisfatto dell’investimento?
“Molto bene. Lì abbiamo iniziato la nostra linea di sneakers e ora stiamo integrando lo sviluppo. Non sarà più solo una fabbrica, parliamo di sviluppo e fabbricazione. Diventerà presto come questo polo di Firenze”.
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