di Raffaele VItali
MONTEGRANARO – Il 10,9% delle scarpe prodotte in Italia che vengono esportate nascono nelle Marche. la regione manifatturiera si colloca al quarto posto in Italia: Veneto al primo posto con 2,7 miliardi, seconda la Toscana con 2,4 miliardi, terza la Lombardia a 1,8 miliardi. Le Marche si avvicinano a 1,3 miliardi con una crescita del 2,7% sul 2022 e dell’81,% sul 2019, il fatidico dato pre Covid. Che, però spesso si dimentica, rappresentava solo un altro anno di un trend negativo che si era abbattuto sul distretto marchigiano.
I DISTRETTI
Guardando ai distretti principali, i numeri non raccontano per una volta la verità. o meglio, va necessariamente analizzata. “La discrepanza tra provincia/regione di produzione e quella di successiva spedizione genera inevitabili distorsioni, registrando, come recentemente accaduto, forti crescite dell’export da territori in cui hanno sede hub logistici – spesso legati alle vendite online o alla presenza di depositi delle multinazionali del lusso – ma in cui la produzione calzaturiera non è poi così radicata” spiega Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici leggendo i dati forniti dal centro studi di Confindustria Moda.
L’emblema è il dato di Milano con un 2023 che cresce del 30% a cui segue quello di Firenze, che invece crolla del 22,7%. Come mai? La merce che lascia l’Italia per l’hub della Svizzera ora passa per la Lombardia. Sono i flussi del lusso che variano in base alle strategie delle case madri che stanno sostituendo gli hub logistici a poli di logistica propri. Per effetto di questi movimenti, rispetto al consuntivo 2022 la Lombardia (con un +22,7%) ha superato la Toscana e il Veneto (in calo rispettivamente del -18,9% e del -4%) nella graduatoria delle regioni esportatrici, conquistando il primo posto.
Tra le prime 8 regioni a vocazione calzaturiera, sono tre (Veneto, Toscana e Puglia, che segna un -6,8%) quelle che presentano una contrazione nelle vendite estere rispetto a gennaio[1]dicembre 2022. Le altre risultano in aumento: oltre alla Lombardia, mostra una crescita a doppia cifra il Piemonte (+14,1%); del +8,3% l’incremento per la Campania; consolidamenti più modesti hanno invece interessato le Marche (+2,7%, con un +4,6% per Fermo, un +6,3% per Macerata e un -6,3% ad Ascoli Piceno) e l’Emilia-Romagna (+1,2%, ma con un -6,6% a Forlì-Cesena). La Toscana, l’Emilia-Romagna e la Campania sono le uniche regioni che presentano tuttora un gap con i livelli 2019 pre-pandemia.
LE MARCHE
Ma se le Marche crescono, si può dire che tutto va bene? Il report di Confindustria Moda si è fermato al valore, non c’è la quantità. Così si spiega il 22023 con il segno positivo. Altrimenti, basta muoversi tra le fabbriche e parlare con gli imprenditori per capire che la realtà è differente. A impattare sul dato dell’export sono due fattori: le griffe e l’inflazione. Due fattori di fondo legati alla stessa soluzione: aumento dei prezzi.
Vendendo un paio di scarpe o un accessorio a un prezzo più caro, si prova a compensare la perdita di paia. Ma per chi vale questo discorso? Per i brand più forti, per chi guida il mercato della moda mondiale, non certo per i piccoli e i medi che con il proprio marchio sfidano un sistema economico indecifrabile e caratterizzato da tensioni geopolitiche. Non a caso le associazioni di categoria e i sindacati sono inondati da richieste di cassa integrazione frutto del secodno semestre del 2023 che è stato deficitario per tutti.
I MERCATI
Il numero a cui bisogna sempre fare riferimento o pensando al distretto fermano maceratese, che ha in Ascoli una importante appendice, visto che vale oltre 200milioni di export, è la Germania. Il mercato tedesco ha peso il 7,2%, ma peer i piccoli si parla anche del 40% a seguito d’una crisi economica che Berlino non è riuscita a governare. Chi cresce è la Russia, 94milioni, con l’Ucraina che però si ferma a 8 perché gli ordini sono piccoli e poco continui, per cui le Marche restano il primo mercato. Nonostante il conflitto, gli ordini hanno superato i 100milioni di euro, boccate di respiro per il Fermano in particolare.
Tra le province italiane più vogate, Fermo è quinta, Macerata sesta, Ascoli 12esima. L’unica che ha perso una posizione è quella di Fermo, ma è anche quella che con 700milioni no ha eguali, visto che Macerata si ferma a 443.
Si guarda ai nuovi mercati? Bisogna essere anche realisti: il Kazakistan vale 12milinio, ma in forte crescita, gli Emirati Arabi 17, la Turchia, usata per facilitare alcuni invii, 20 milioni con un aumento del 60%. “Non tutti i territori hanno le stesse performance. Nel 2023 l’export in particolare, che nella prima frazione mostrava un +14,7% sul 2022, nel secondo trimestre ha visto azzerare la crescita (+0,1% tendenziale), per poi registrare addirittura un calo nel terzo (-7,6%) e nel quarto (-8,7%). Dinamica simile ha interessato le importazioni” conclude la Ceolini confermando l’instabilità del mercato e la necessità di azioni di supporto di un settore che vale una fetta del Pil italiano e che nell’ano del made in Italy non può essere di certo lasciato solo.