FERMO – Nell’offerta culturale di Fermo, fino al giorno di ferragosto, segnato dalla Cavalcata dell’Assunta, c’è una mostra da non perdere in piazza del Popolo.
A curare l’esposizione Marzia Del Zozzo. I colori nell'ombra, è il professor Nunzio Giustozzi. “È la prima retrospettiva dell'artista, scomparsa due anni fa, nella sua città natale. Per la prima volta – spiega Giustozzi – il pubblico scoprirà una nutrita e attenta selezione di più di cinquanta quadri e una dozzina di carte dalla vasta produzione pittorica e grafica, rimasta finora segreta, della figlia del celebre scultore Gino Del Zozzo, di cui la Città di Fermo custodisce sculture e disegni donati dagli eredi, che hanno organizzato questa esposizione”.
Dipinti carichi di sensibilità quelli di Marzia Del Zozzo, capaci di evocare le più acute commozioni. “Protagonista è senza dubbio il colore, mai nell'impianto subalterno al disegno, con accordi, ritmi, corrispondenze e, perché no, dissonanze che conferiscono alla composizione, allo spazio plastico un respiro vero, umano, sentimentale. La chiave è talvolta armonica, spirituale e lirica, talaltra la tensione emotiva nell'osservare la potenza creatrice della Natura si esterna attraverso minacciose "tempeste", volte a restituire una sostanza immateriale” prosegue il curatore.
A colpire il visitatore i paesaggi che vengono inghiottiti dal colore, frutto di grandi pennellate. Immancabili i tramonti, che diventano “spunti per stridenti contrasti cromatici o per musicali risonanze interiori”, e le spiagge sangiorgesi che richiamano Cézanne.
Marzia Del Zozzo ha lasciato poi numerosi autoritratti e quadri che raccontano i vicini di casa “infuocati dalle tinte acide che sfigurano i tratti, li raggelano in sagome inebetite che semplificano i volumi divisi in marcate campiture piatte, riempiti a quadranti su toni opposti e primari, senza più traccia di chiaroscuro e di verisimiglianza, o li cancellano a forza di passate materiche, convulse e disordinate eppure costruttive della forma”.
C’è tanto da leggere in ogni quadro esposto e ammirabile. “Dietro i fiori, le gerbere, le rose profumate c’è una profonda meditazione che mira a far risaltare l'essenza di corolle, petali, foglie e steli. Mi viene in mente una frase di Emil Nolde, gigante e discusso protagonista dell'espressionismo tedesco, esponente del gruppo Die Brücke che, come Monet a Giverny, s'era costruito un meraviglioso giardino nella cittadina di Seebüll, nel nord della Germania, per trascorrere gli ultimi anni di vita: un rifugio, quasi fosse una tela dove i colori intensi dei suoi quadri - aggiunge l'esperto d'arte - si trasformavano in fiori. L'ho tradotta con queste parole: "Dipingo i fiori sbocciati d'estate. Ne serbo la gioia per l'inverno’”.
Giustozzi non ha mai parlato di pittura con Marzia, ma è come se ce l’avesse davanti agli occhi: “Voglio credere che fosse proprio così e cioè che i colori accesi dei suoi dipinti degli anni sessanta, la stagione più prolifica della sua pittura, le tenessero compagnia e le fossero di conforto nei giorni freddi e bui, sospesi, sfocati di una lunga malattia”.
La mostra ha poi una particolarità, dentro le teche non solo i taccuini che hanno accompagnato le sue creazioni, ma anche l'ultima serie di arabeschi su carta degli anni duemila, surreale e onirica, malinconica nei fluidi andamenti psicologici. “Marzia portava i battiti della sua immaginazione. Si può infatti immaginare senza immaginare qualcosa di definito; l'immaginazione non era più veduta illusoria, era diventata giocoforza un modo di essere, uno stato esistenziale che usava come antidoto la fantasia”.
r.vit.