FERMO - “Siamo pronti a riaprire, a produrre. E chi è aperto a continuare”. Sono le imprese che hanno chiesto la deroga alle prefetture nelle Marche. In totale 2800. Di queste solo una piccolissima parte dalla provincia di Fermo: 300 le richieste arrivate dal territorio dominato dalle scarpe.
Con il sistema del Tac (tessile, abbigliamento e calzaturiero) chiuso e blindato, così come l'arredamento e la nautica, con il farmaceutico e l'agroalimentare che non hanno smesso l'attività, gran parte delle richieste sono firmate da piccoli imprenditori metalmeccanici (che hanno diverse specializzazioni, ndr.), che sono coinvolti nella linea di produzione della filiera giudicata "essenziale" dal decreto. Il maggior numero di comunicazioni arriva dalla provincia di Ancona: sono circa 850; seguono Pesaro-Urbino con 700, Macerata con 500, Ascoli Piceno con 450 e Fermo con 300.
Il compito delle prefetture è scremare le richieste, muovendosi tra i codici Ateco e dialogando con la Camera di commercio delle Marche. Le istruttorie all'interno delle prefetture marchigiane sono state avviate velocemente, anche contando sul contributo delle organizzazioni datoriali e dei sindacati.
Sulla carta vale il silenzio assenso delle prefetture per tenere aperta l'attività, ma il controllo non invasivo all'interno dei siti è affidato al personale delle forze dell'ordine, deputate a controllare la conformità della domanda avanzata, l'effettiva compatibilità merceologica con le imprese della filiera definita essenziale o esplicitamente autorizzata dal Dpcm e che all'interno del sito produttivo ci sia un numero congruo di addetti per gestire solo quelle commesse.