FERMO – Venti aziende di artigiani, iscritte alla Cna, hanno riconvertito la loro produzione per produrre mascherine protettive contro il Covid 19 e altre venti sono pronte a farlo nei prossimi giorni. Inoltre nove imprese stanno producendo mascherine conto terzi nell'ambito di un progetto nazionale che ha visto l'adesione di 44 aziende in tutta Italia. Le marchigiane forniscono in particolare le schede tecniche e i prototipi per la realizzazione delle mascherine.
In Italia serviranno oltre 90 milioni di mascherine al mese e il commissario Straordinario per emergenza Coronavirus, Domenico Arcuri, ha ottenuto dall'Unione Europea l'autorizzazione a lanciare l'incentivo, con una dotazione finanziaria di 50 milioni di Euro, per le imprese che vogliono riconvertire a tale scopo i loro impianti.
Il progetto è promosso da Cna Federmoda, Confindustria Moda (numerose sono anche le imprese industriali in azione, ndr), Sportello Amianto Nazionale e PwC. Per coordinare la ricerca delle aziende tessile disposte a riconvertirsi e supportarle, la Cna Marche ha costituito un gruppo di lavoro, formato dall'imprenditrice Doriana Marini, presidente di Cna Federmoda Marche, come presidente, e dai funzionari Alessandro Migliore, Lucia Trenta e Irene Cicchiello. Le domane si possono presentare dal 26 marzo alle 12 sul sito di Invitalia.
«Le aziende artigiane delle Marche pronte a scendere in campo e a riconvertirsi per produrre mascherine - dice Doriana Marini - sono centinaia, ma sono frenate dalla burocrazia. Infatti, se fare mascherine filtranti di uso comune è relativamente semplice e basta una comunicazione al prefetto, molto più complicato è realizzare mascherine chirurgiche sanitarie. Servono certificazioni e test di laboratorio come richiesto dall'Iss e, se le mascherine non rispettano tali requisiti o presentano difetti di progettazione ne risponde il produttore. Questo spaventa gli artigiani e molti rinunciano, preferendo sospendere l'attività”. Intanto, nel Fermano si lavora visto che, stando ai dati della Camera di Commercio guidata da Gino Sabatini, ci sono 8500 imprese autorizzate ad alzare la saracinesca. Aziende e professionisti iscritti all’Ente camerale che rientrano nel mondo del decreto ministeriale nelle Marche, non tutti si sono dovuti fermare.
“Numerose le richieste di precisazioni ed informazioni circa l’interpretazione dei codici Ateco delle imprese con sede nella nostra Regione, che in questi giorno arrivano anche al sistema delle Camere di Commercio italiane. Per orientarsi e uniformarsi a quanto disposto dal decreto e dal suo allegato e giungere ad una ufficiale ed omogenea interpretazione, Unioncamere ha predisposto e reso accessibile apposito portale www.registroimprese.it . Si tratta di uno strumento è di intuibile, di immediata e semplice utilizzazione e consente la visualizzazione della impresa di interesse e della propria classificazione”.
A Fermo le imprese aperte sono 1713, a Porto Sant’Elpidio 780, a Sant’Elpidio a Mare 651, a Porto San Giorgio 646, a Montegranaro 449, Amandola 287 fino ad arrivare alle 104 di Pedaso e alle 32 di Monte Vidon Combatte. “A livello regionale sono 75.749 le attività imprenditoriali consentite (si tratta di localizzazioni: sedi e unità locali collocate nel territorio regionale) in base a quanto disposto dal Dpcm del 22 marzo e dalle esenzioni previste nel suo allegato1. 20.659 ad Ancona, 18.184 Macerata, 16.504 a Pesaro, 11.807 Ascoli e le 8.596 di Fermo” conclude Sabatini.