Mi ha colpito, imbrattata dal capo in giù a secchiate di vernice rossa, la statua dedicata nel 2006 dalla Città di Milano a Indro Montanelli, nei giardini pubblici, già di Porta Venezia o di via Palestro, che dal 2002 portano il suo nome.
La conosco bene quella statua. Quando mi trovo a Milano, amo andare all’alba in quei giardini per una sgambatella e a ogni giro, il bronzo dorato mi distrae da me stesso spingendomi naturalmente ad alleggerire l’impatto del passo a terra, come a non voler fare rumore e disturbare uno dei più grandi giornalisti del secolo scorso, intento sulla Lettera 22 a comporre le sue opere.
Chissà cosa penserebbe lo spirito libero di Montanelli nel vedersi recintato in uno spazio pubblico e al contempo esposto e abbandonato ad atti di violenza gratuita?
Iscritto alla società degli apoti, non si sarebbe certo bevuto la storiella dell’antirazzismo di oltreoceano, che il caso di George Floyd ucciso da poliziotti americani nel 2020, nulla c’entra con la storia di vita di un giovane militare, che a 23 anni si adegua ai costumi dell’Etiopia del 1935.
A leggere la scritta “razzista stupratore” per avere acquistato dalla famiglia e sposato una giovane di 12 anni, mi viene in mente un aforisma di Montanelli per il quale “l’istigazione a delinquere in Italia non è più un reato, è un passatempo”.
A mio avviso, l’attivismo è istigazione a delinquere quando si dà ampia copertura mediatica ad un atto criminale di cui si rischia l’emulazione.
Non ricordo Montanelli abbia mai inneggiato alla discriminazione o celebrato la violenza contro alcuno, ma vedo una certa politica provare compiacimento o almeno comprensione per l’azione di chi comunque manifesta un’opinione.
Eh no!
Imbrattare un monumento non è una moda e chi scrive su una statua non è un writer, ma un delinquente. L’art.639 del codice penale è chiaro nel definire “deturpamento e imbrattamento” quale reato. Il monumento a Indro Montanelli è un’opera d’arte dello scultore Tongiani, tutelato d’ufficio a pena di multa da mille a tremila euro e di reclusione da 3 mesi a 1 anno.
Mi auguro i delinquenti vengano individuati e processati, non per qualche animosità politica o pulsione giustizialista, ma perché trovo di grande valore e insegnamento la sentenza di condanna, allorquando il giudice si avvale della facoltà riconosciutagli dall’ultimo comma della norma: obbligare i criminali a riparare le loro malefatte costringendoli a ripulire il monumento.
E se gli autori del gesto criminale rimarranno ignoti, chi provvederà alle spese di pulizia?
Nessun problema, come sempre pagheremo noi apoti.
Avv. Andrea Agostini