di Raffaele Vitali
SANT’ELPIDIO A MARE – Chi ha perso l’occasione di perdersi all’interno del ‘Giardino selvaggio’ di Luca Lufo Longi se ne pentirà. Perché le venti piccole opere, dopo la mostra nel cuore di Sant’Elpidio a Mare tra le volte della sede di Santa Croce, ora torneranno a impreziosire la Sala Borsa di Bologna.
Luca Longi si è donato a turisti ed elpidiensi che hanno visitato la mostra, dispensando consigli ai più giovani, dalle letture al come ci si approccia al disegno, e autografando le locandine della mostra fino a che, questa mattina, non è ripartito il treno per Bologna, la città che da alcuni anni lo ha adottato.
“Ci tenevo a portare la mostra a Sant’Elpidio a Mare dopo il debutto a Bologna. Dove è stata vissuta in modo particolare, perché i 20 quadretti sono stati i protagonisti di una caccia al tesoro tra i libri della sezione ragazzi e ragazze della biblioteca Sala Borsa. I bambini entravano prendevano una mappa e cercavano i disegni. Chi li trovava tutti vinceva un libro”.
Battesimo di fuoco per le sue opere a Bologna?
“Sotto Natale con bambini che correvano ovunque, la Sala Borsa era qualcosa di incredibile”.
Quante opere ha realizzato?
“Venti disegni, ventuno con l’originale che è poi diventato il manifesto”.
Manifesto?
“Sala Borsa ogni anno sceglie un artista per realizzare il manifesto del compleanno. Qualcosa di davvero prestigioso, essere selezionati ti porta a far parte di una collezione di grandi nomi che poi hanno avuto importanti carriere professionali. Da Beatrice Alemagna, forse la più importante illustratrice contemporanea, a Stefano Ricci”.
E come sono arrivati a lei?
“Mi hanno conosciuto durante il sevizio civile. Poi il mio disegno era stato selezionato per un concorso durante la fiera del libro per ragazzi di Bologna. Questo lo ha fatto notare ai responsabili del sistema biblioteca”.
Per cosa verrà usato il suo disegno?
“Dal 13 dicembre 2022 al dicembre 2023 è l’immagine della comunicazione della Sala Borsa. E in più è nata una collaborazione per altri disegni realizzati appositamente, seguendo come stile e narrazione il manifesto. E da lì il catalogo”.
C’è un significato dietro i suoi disegni?
“L’idea di fondo è di mostrare le sfaccettature della lettura, uscire dal cliché della situazione aulica. Volevo portarla davvero in un giardino. La lettura può essere sporca, si può mordicchiare, ti segue ovunque, dalla strada alla natura. E soprattutto volvo che il libro venisse identificato anche come gioco, che ti permette di inventare storie”.
L’esperienza in Sala Borsa l’ha aiutata?
“Più che altro il concorso durante la Fiera del Libro. Poi ammetto che speravo magari di colpire l’attenzione dei vertici”.
Il manifesto le ha già aperto nuove porte?
“A livello personale, mi ha spinto a sperimentare ancora di più il colore. E trovare così una mia dimensione anche a livello di grafica per l’infanzia. A livello professionale i disegni sono piaciuti agli addetti ai lavori, ho ricevuto nuove commissioni, anche da editori. Fare qualcosa di ben fatto in un ambiente come la Sala Borsa fa emergere la qualità, quando c’è”
Lei ha dei modelli?
“Direi che ho dei maestri. Che sto incontrando passo dopo passo. All’inizio mi presentavo sempre come Luca, poi davo il mio nome d’arte Lufo. Dopo la scelta di Sala Borsa, in tani adesso sanno chi sono. Questi venti disegni hanno davvero colpito l’immaginario collettivo. Mi ha avvicinato anche uno degli allievi di Sendak, pilastro dell’illustrazione della seconda metà del ‘900 con il suo ‘Il paese dei mostri selvaggi’, e ora mi regala consigli”.
Nel suo futuro si immagina illustratore?
“Queto è quello che vorrei fare. Ho progetti in cantiere, diverse richieste per pubblicazioni, ma i tempi sono lunghi perché è un mondo che lavora a livello autoriale nella cura del dettaglio, dalla carta alla rilegatura. Nascono così prodotti più cari, ma di livello molto alto. Un esempio, ho pronto un libro scritto e illustrato da me, ho l’editore, ma so già che uscirà nel 2025. Può sembrare strano, ma sono dei tempi che si capiscono solo quando si è dentro”.
Si sente più famoso a Bologna che nella sua Sant’Elpidio a Mare?
“Famoso è un parolone, sono sempre un ‘picccolo’ che cresce. Mi piace essere l’underdog. Casa mia è una sicurezza, quando torno c’è sempre un bel riscontro. Non voglio diventare come quelli che vanno fuori, tornano e si sentono altro. A me piace il legame con le radici”.
Bologna è però la sua città?
“E’ un avamposto, la roccaforte in cui mi muovo. È una città che dà tanti stimoli, anche troppi. Ci sono tante informazioni visive che vanno scremate. È così piena di illustratori, fumettisti, umanisti che pubblicano e producano. Non è facile capire chi merita, chi va seguito davvero e non si limita alla moda del momento”.
Perché c’è una moda nel suo mondo?
“In questo periodo, per esempio, va di moda la pittura di getto, sintetica e poi il digitale, c’è un grande ritorno allo schema”.
Lei quindi è fuori moda?
“Ne sono consapevole, non è quella che inseguo. Ho una identità e voglio mantenerla il più possibile, sapendo che magari in altri settori sarebbe più facile fare soldi”.
Dove la troveremo prossimamente?
“Intanto il festival Explicit che stiamo organizzando a tema arti visive nella basilica imperiale di Santa Croce a Casette d’Ete. Illustrazione, immagini, fotografia e scrittura, tutto il 27 maggio. È la chiusura di ‘Incipit’, del resto Explicit sono le ultime righe del romanzo. Aprirà all’esplicito in tema di corpo, linguaggio, uscita, evasione. È aperta la call for artist fino al 30 aprile, già sono arrivate proposte da undici regioni diverse. Le opere selezionate saranno stampate su manifesti ed esposte dentro la basilica. Nel frattempo nella parte esterna ci saranno incontri con attori e illustratori, con tanto di live painting. Sono a tutti gli effetti il direttore artistico insieme con Massimo Pierdominico. Ci saranno anche laboratori per bambini dedicati ai finali delle storie”.
Longi, lei anche un tatuatore affermato. Le servono peer allenare la mano?
“E’ un lavoro certo e redditizio ed è un modo per mantenere sempre attiva la parte del disegno che accompagna la mia vita. E poi io tatuo solo quello che creo. Niente scritte o simboli commerciali, chi sceglie me sceglie una mia opera. C’è gente che viene da tutta Italia per avere qualcosa di mio addosso. Per dire una da Torino e una da Milano sono le ultime due clienti prenotate”.
I social l’hanno aiutata?
“Per certi versi sono un preistorico, li uso al minimo. Ma è il canale di conoscenza reale, soprattutto per il mondo dei tatuatori. Per cui seguite Lufo”.