di Raffaele Vitali
MONTAPPONE – Neppure il tempo di inaugurare il teatro che a Montappone arriva già il primo sold out. “Anzi, direi che è pieno al 110%” sorride il sindaco Almerino Clementi che ha portato a termine il lavoro iniziato dal predecessore Ferranti.
Quel dieci in più è legato allo spettacolo che ha saputo riempire il teatro di Montappone, ovvero ‘110% uno spettacolo di facciata’ di e con Piero Massimo Macchini. “Insieme con Federico Buffa – riprende l’organizzatore Fabio Paci – è l’attore che partecipa dalla prima edizione dal Festival storie”.
Ed è così, perché il comico fermano, nato mimo e diventata attore, quando Paci e Manu Latini chiamano può solo dire sì. Si parla di borghi, di rinascita, di comunità, valori su cui Macchini ha costruito la sua carriera e reputazione.
Il nuovo teatro della capitale del cappello è caldo, le luci di emergenza un po’ troppo forti, le poltrone comode e dire che non sono cambiate da prima dei lavori, ma la scelta di ridurre qualche fila per migliorare lo spazio è stata vincente.
Macchini è il primo, anche se l’inaugurazione è spettata agli alunni delle medie, poi arriverà Buffa con il suo ‘Platini’ e a seguire la prima stagione del rinovato teatro, fortemente voluta dai due giovani compagni di viaggio del sindaco, Daniele e Ludovico: “Un inverno e primavera di sorrisi con Marzocchi, Proscenio, Dado e Arghilos.
Lo spettacolo ha tenuto per quasi due ore gli spettatori inchiodati sulle poltrone. E inchiodato è il temine giusto, visto che il rumore di sottofondo è quello di un trapano seguito da colpi di martello. Macchini, con la sua innata ironia, proietta ogni persona seduta sulle rosse poltroncine dentro il cantiere di casa sua.
Che poi è come quello di tanti altri “schiacciati da una burocrazia folle e da uno Stato che ha cambiato 18 leggi in tre anni”. Ed è questa una delle poche frasi che non fa ridere, perché fotografa lo stallo in cui si cade anche di fronte a leggi nate per una giusta causa.
Si ride, inevitabile, perché come insegna Macchini “le disgrazie dell’altro ci fanno pensare al fatto che noi l’abbiamo scampata. È per questo che si ride quando uno cade sulla buccia di banana e per questo quando vedi i problemi dell’altro mentre ristruttura casa. Esorcizziamo la paura”.
Avrebbe potuto avere un altro titolo lo spettacolo, per esempio ’Bonus sfacciate’. “Questo spettacolo lo faccio perché me lo ha chiesto l’Europa. Ma ero in difficoltà, perché loro vogliono tutto verde, ma noi in Italia è una vita che facciamo il nero”. Amara verità.
Macchini il 110% lo ha vissuto perché ne ha usufruito per rimettere a posto la casa di famiglia. “Da settimo figlio volevo fare io qualcosa per mia madre e i miei fratelli. Ma avrei dovuto capirlo che quel 10% in più sarebbe stato un problema. Dal volere edifici che producono meno CO2 a folli passaggi tra enti che non si parlano il passo è stato troppo breve”.
Racconta ogni momento, dagli operai che arrivano e poi scompaiono, “neppure con il canocchiale li rivedevi”, alla consulenza con il general contractor, “il wedding planner dei cantieri”, fino all’ultimo e decisivo incontro, quello con il geometra del Comune, quello che “ti dice che il colore non è esattamente terra come richiesto e quindi devi rimontare l’impalcatura e riverniciare il lato verso il paesaggio”. È qui che Macchini si ferma un attimo e poi, con fermana eleganza, conclude lo show con un sonoro ‘vaffa’ che fa ridere tutti.
Per l’attore che ama anche scrivere, parlare del 110% è stato un po’ come cavalcare l’idea di un teatro che guarda al bicchiere mezzo pieno, che cerca un umorismo che porta benessere tra le persone, che rinuncia a cattiveria e sarcasmo “perché alla fine non servono a nulla”. Lui ce l’ha fatta, ha trovato brave persone lungo la tortuosa ricostruzione durata quattro anni, ma in tanti invece stanno soffrendo o peggio ancora soffriranno.
“Meritiamo uno Stato migliore, non quello che ci chiede di giocare a tre sette co il morto per farti capire, dopo qualche mano, che il morto sei tu” la chiosa dell’attore, al termine di uno spetatcolo che meriterebbe ogni palcoscenico d'Italia perché racconta la verità, che poi la racconti “un grande artista, un grande marchigiano, un fermano doc” come dice il sindaco è un dettaglio.