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Il senso del 25 Aprile. Del Monte: "La memoria è minacciata. Siamo di fronte a un'occupazione culturale"

24 Aprile 2025

FERMO - Un 25 Aprile sobrio, è la richiesta del governo. Ma si celebrano gli 80 anni dalla vittoria sul nazifascismo. Alessandro  Dell Monte, membro della segreteria regionale e provinciale del Pd, cosa è la memoria?

“E’ un terreno di lotta. Non vi è fondazione democratica che possa prescindere da un atto di rottura, da un momento originario che, nel recidere con il conflitto  del passato, getti le basi per un ordine nuovo, più giusto, più umano”.

Secondo lei si sta minando la memoria della Resistenza?

“Dobbiamo sempre ricordare che è stato, come diceva Bobbio, il secondo risorgimento. Oggi, a distanza di ottant’anni, quella memoria si trova minacciata non tanto e solo dall’oblio debilitante del tempo – che tutto tende a dissolvere – quanto da un’opera deliberata, sistematica, ostinata di ridimensionamento, di manipolazione, di cancellazione”.

È preoccupato?

“In atto c’è una nuova occupazione, stravolta politico-culturale, che tenta di riscrivere i codici simbolici della Repubblica nata dalla lotta partigiana”.

Cosa non va mai dimenticato?

“Il fatto che la resistenza è un atto politico. Vi fu, in quel momento, l’assunzione consapevole di una responsabilità storica da parte di individui e di una collettività che, pur nella diversità delle matrici di pensiero ed ideali, scelsero l’azione in nome di un’idea alta e intransigente di libertà”.

Si parla tanto di ‘pacificazione’, cosa ne pensa?

“Che siamo di fronte a un processo lento, carsico, che si nutre di ambiguità semantiche, di falsi equilibri, di un’idea malintesa di "riconciliazione nazionale" che, nel tentativo strumentale di “pacificare”, finisce per parificare e, dunque, per confondere la vittima e il carnefice, il partigiano e lo squadrista, la staffetta e il repubblichino, la Liberazione e la disfatta. Dal revisionismo al “rovescismo”,  una deriva che non è solo accademica, ma politica e persino esistenziale: il rovescismo è l’arte perversa di capovolgere la storia, rendendo il fascismo "complesso" e la Resistenza divisiva".

Cosa è quindi la Resistenza?

“Non è qualcosa di neutro. O è riconosciuta come scelta di campo, come atto di rottura con il passato fascista, oppure è tradita”.

Cosa significa resistere nel 2025?

“Ereditare dai partigiani lo spirito assoluto del loro impegno, del loro totale offrirsi: combattere contro l’ingiustizia commessa contro chiunque, dignità di fronte al potere, disciplina e onore nelle istituzioni, impegno civile come militanza quotidiana”.

Ma lei teme il ritorno del fascismo?

“Si dimentica spesso che è una prassi, più che una dottrina. Può tornare sotto altre vesti, con linguaggi apparentemente democratici, ma con la stessa pulsione: l’intolleranza, il culto strumentale della tradizione, il populismo autoritario”.

E quindi?

“Dobbiamo difendere la Resistenza, che significa difendere la libertà nel presente. È lottare per il salario degno, per il diritto universale alla salute, per la pace, per l’accoglienza, per l’antirazzismo, per l’ambiente, per i diritti delle donne, per il domani delle giovani generazioni. La Resistenza continua ogni volta che si combatte l’ingiustizia”.

È evidente che la memoria non è qualcosa di ‘vecchio’?

“Bisogna farlo capire ai giovani: difendere la Resistenza non significa solo ricordare il passato, ma costruire futuro. Non è soltanto pietà per i morti, ma responsabilità verso i vivi”.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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