FERMO – In Italia il tasso relativo alle interruzioni volontarie di gravidanza (ivg) è tra i più bassi al mondo. Lo confermano i dati dell'ultima Relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194/78 sulle ivg, che evidenziano come gli aborti nel nostro Paese continuino a calare. Nel 2020 le ivg sono state poco più di 66mila, il 9,3% in meno rispetto al 2019. Perché parlarne oggi? Per la presa di posizione della più importante influencer italiana, coni suoi 28milioni di follower, Chiara Ferragni.
“Ora è il nostro tempo di agire e far sì che queste cose non accadono. Fratelli d’Italia ha reso praticamente impossibile abortire nelle Marche che governa. Una politica che rischia di diventare nazionale se la destra vince le elezioni”. Chiara Ferragni, in una storia su Instagram, accende un faro sulle Marche, la regione che Giorgia Meloni ha scelto come modello di governo da replicare a Roma. Una presa di posizione che segue quella della rivista thevision.com che a sua volta aveva ripreso un articolo del Guardian. Il giornale inglese aveva sentito l'ex assessore Manuela Bora che ammetteva il problema ormai storico, sottolineando però la diversità di approccio politico tra la giunta precedente, area PD, che cercava soluzioni al problema degli obiettori e l'attuale.
Le attiviste marchigiane si sono subito accodate alla nota influencer: “Concordo con Chiara Ferragni sulla questione dell'obiezione di coscienza nelle Marche, è una situazione che denunciamo e che va avanti ormai da anni, da quando c'era il governo di centrosinistra e che negli ultimi due anni, con il governo di centrodestra, si è ulteriormente accentuata” sottolinea Marte Manca, attivista del movimento femminista Non Una di Meno.
“Nelle Marche c'è un elevato tasso di obiezione di coscienza che rende complicato per le donne accedere all'Ivg, l'interruzione volontaria di gravidanza - dice l'attivista - una situazione decennale, che a seconda delle strutture ospedaliere oscilla tra il 70% e il 100% di obiezione di Jesi e Fermo. Ma abbiamo dati fermi al 20220, l’Asur non li fornisce più”.
Questa è una situazione che la giunta Acquaroli ha in realtà ereditato, come ricordano gli esponenti di FdI intervenuti contro le parole della Ferragni. “quello che è successo con Acquaroli – riprende l’attivista – è la mancata applicazione delle linee di indirizzo ministeriali per la Ru486, non recepite nelle Marche, le quali prevedono la possibilità di accedere all'aborto farmacologico non solo negli ospedali, ma anche tramite consultori e fino a nove settimane di gestazione. Nelle Marche però - sostiene - questa possibilità è prevista solo negli ospedali di Macerata, Urbino e Senigallia e solo per le donne residenti e fino a sette settimane di gestazione e non nove”.
Fratelli d’Italia ha fatto ovviamente quadrato attorno alla Regione: “Chi critica prima dovrebbe informarsi. Leggendo l'ultima relazione firmata dal ministro Speranza si evince che nelle Marche l'offerta del cosiddetto servizio di Ivg è di gran lunga superiore a quella nazionale: le interruzioni volontarie di gravidanza possono essere effettuate nel 92,9% delle strutture sanitarie mentre la media italiana è del 62%” commenta Isabella Rauti, responsabile del dipartimento famiglia di Fdi che sulla Rsu 486 è tranchant: “La pillola è un aborto più economico per il servizio sanitario ma più pericoloso per la salute delle donne, considerati i numerosi effetti collaterali e una mortalità più alta, come emerge dalla letteratura scientifica in materia”. E aggiunge la consigliera regionale Leonardi, che presiede la commissione sanità: “Non è stato promosso nessun atto che vada contro la 194 nelle Marche. chi ci accusa, si scusi”.
Ma la pensa diversamente Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e leader del Pd: “Appena insediata FdI di Giorgia Meloni ha messo sotto attacco il diritto all'aborto nella regione Marche. Brava Chiara Ferragni, anche noi del Pd difendiamo questo grande atto di civiltà che le donne italiane hanno conquistato con le loro battaglie".
Tornando ai dati, la Relazione del ministero raccoglie i dati del Sistema di Sorveglianza, da cui emerge che, in totale, nel 2020 sono state notificate 66.413 ivg con un tasso di abortività pari a 5,4 ogni mille donne tra i 15 e 49 anni (in calo del 6,7% sul 2019), un dato tra i più bassi a livello internazionale. Al contempo, si è leggermente ridotta la percentuale di personale medico e non medico che esercita il diritto all'obiezione di coscienza all'esecuzione dell'interruzione di gravidanza. I valori restano tuttavia elevati: l'obiezione riguarda 2 ginecologi su 3 e quasi 1 anestesista su 2, con picchi superiori all'80% in alcune regioni.
Secondo la Relazione, nel 2020, la percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale è scesa al 64,6% rispetto al 67% dell'anno precedente. Esistono, tuttavia, ampie differenze regionali con i minori tassi in Valle d’Aosta ed Emilia Romagna. “Permane elevato il numero di obiettori di coscienza per tutte le categorie professionali sanitarie, in particolare per i ginecologi. Spetta alle Regioni garantire le figure professionali necessarie per tutelare il libero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e l'accesso ai servizi Ivg e minimizzare l'impatto dell'obiezione di coscienza nell'esercizio di questo diritto” le parole di Speranza nelle conclusioni della relazione.