di Chiara Fermani
GROTTAZZOLINA – Dentro il mondo della Yuasa Battery Grottazzolina a pochi giorni dal primo atto di semifinale playoff dopo una stagione regolare dominata.
Coach Massimiliano Ortenzi, partiamo subito dal tema caldo, i playoff. Tutto si azzera, come si prepara a un appuntamento così importante?
“Arrivarci da primi in classifica porta con sé le due facce della medaglia, quella positiva dove tu recuperi un po’ di energie, perché ne abbiamo spese tante, saltando la prima fase e quella negativa che riguarda gli avversari, chi ci sfiderà arriverà già con l'adrenalina dei playoff. Dobbiamo essere bravi a tenere un ritmo di allenamento molto alto, soprattutto da un punto di vista nervoso”.
Che lavoro sta facendo in questi giorni per motivare i ragazzi?
“In questa fase del campionato c'è ben poco da motivare, i ragazzi vedono l'obiettivo ben chiaro, sanno quello che ci siamo promessi all'inizio del campionato: arrivare ai playoff ed essere davanti a tutti dall'inizio della regular season. Ognuno vuole vincere per qualche motivo in più dal semplice vincere un campionato, ogni giocatore ha una storia personale”.
Secondo la sua esperienza, una squadra è più determinata quando lotta per la salvezza o quando lotta per lo scudetto?
“Il voler vincere è qualcosa che fa parte del DNA dei giocatori, il non mollare, restare sempre attaccati alla partita. Quando ti devi salvare questo diventa un valore, ti aggrappi a ogni punto. Quando devi vincere un campionato è un po' diverso, tutto questo non basta. Non basta racimolare punti, ma fare le cose giuste al momento giusto, se allenti non vinci e serve anche una componente dettata dalla fortuna e dal pubblico e il nostro è un bellissimo pubblico”.
Dall'inizio del campionato si è subito capito che il roster fosse di qualità, a parte l’essere i primi della classe, crede che questo team abbia già acquisito una identità da Superlega?
“Il nostro è uno sport dove tra la serie A2 e la Superlega c'è una differenza sostanziale, noi abbiamo un'identità di gioco di alto livello, però è un alto livello finalizzato a dove siamo, la Superlega su alcune cose è qualcosa di ancora più elevato, dove però molti dei nostri giocatori possono arrivare”.
Qual è la sua filosofia di allenamento?
“Da quando sono in serie A si basa sull'ascolto dei miei giocatori. Al netto di tutte quelle che sono le esercitazioni che puoi proporre, credo sia importante che loro si sentano tranquilli e consapevoli delle loro capacità tecniche. Bisogna essere molto bravi nell'ascoltarli e nell'aiutarli anche quando hanno delle convinzioni, non dico sbagliate, ma che magari sono lontane da quello che è un sistema di gioco che voglio utilizzare. Qualche volta è altrettanto importante essere disposti a cedere per dare l'opportunità a loro di sentirsi sicuri. Bisogna essere disposti a tollerare che c'è qualcuno che non la vede come noi e ci può insegnare qualcosa”.
A proposito di tolleranza, lo sport è un contesto in cui le critiche ci sono sempre, sia nei confronti degli atleti sia degli allenatori, lei personalmente come le vive?
“Il contesto sportivo oggi vive una realtà che è quella dei social, dove i giudizi sono spesso esagerati e dove si passa dall'essere eroe ad essere zero in pochissimo tempo, quindi cerco di distinguere le critiche che vengono dai giocatori o dal mio team, da quelle che vengono dall'esterno, da persone che vivono meno il contesto e la squadra, quelle critiche lì le lasciamo dove stanno, io lo faccio con grande tranquillità e penso che anche i ragazzi siano abituati a passar sopra ad alcune cose”.
Secondo lei Grottazzolina è pronta per la Superlega o potrebbe farsi male?
“Come tutti i salti in qualcosa che non hai mai provato devi essere disposto a scoprire. In questi casi il rischio che ti possa far male c'è, però è anche vero che non è un salto nel vuoto totale. La Superlega è un mondo completamente diverso, anche da un punto di vista economico, basato anche su una rete molto fitta di partner, se non dovesse essere come ce lo immaginiamo, semmai riuscissimo a vincere il campionato, al massimo ci può essere la necessità di riconoscere che è stato fatto un passo troppo importante. Ma quello che conta è che una realtà come la nostra non deve aver paura, deve mettere l'entusiasmo e la voglia di scrivere una pagina di storia indelebile. Se succederà, secondo me non si farà male”.
Lei sarà cresciuto come tanti guardando la Lube, che effetto farebbe affrontarla in campo?
“Ho guardato tante squadre, qualora dovesse esserci un derby, per noi sarebbe già motivo di orgoglio essere nello stesso palcoscenico di persone che fanno pallavolo da tanto, con risorse davvero importanti, con una solidità che probabilmente non abbiamo. Ma abbiamo, rispetto a queste realtà, la consapevolezza che se dovessimo arrivarci, lo abbiamo fatto spendendo tutte le nostre forze, con tutto il territorio che ci ha supportato. Questo è un valore che in Superlega non tutti possono dire di avere”.
Coach Ortenzi, il suo primo ricordo con la pallavolo?
È legato all'attesa. L'attesa che Giancarlo Fagiani, all'epoca il mio allenatore, mi veniva a prendere col pulmino, io ero sul terrazzo e aspettavo che sbucasse dalle curve. In quegli anni la pallavolo era, ed è ancora, la mia vita: non era solo lo sport che mi piaceva o dove riuscivo meglio, ma è stato lo sport che mi ha permesso di fare tutte le mie esperienze più importanti e di instaurare legami solidi che durano ancora oggi”.
Un aggettivo per ogni suo giocatore?
“Così su due piedi non è semplice, però te li scrivo e te li mando… (non sono ancora arrivati, ma con la testa ai playoff, i pensieri e gli impegni sono altri e non vogliamo distrarlo. Ma li attendiamo per un altro articolo, ndr)