FERMO - La mente lucida lascia il posto all’irrazionalità. Si prende la macchina al primo colpo di tosse o giramento di testa. Direzione pronto soccorso. Nel tendone del triage, all’ingresso in via Speranza, in questi giorni si fanno gli straordinari.
Solo una minima parte di chi arriva ha un motivo valido per stare lì. Il resto è gente impaurita, in cerca di rassicurazione, che bypassa il medico di base e ingolfa il punto di primo intervento del "Murri. «A marzo e aprile – spiega Antonio Ciucani, primario facente funzione al Pronto soccorso del Murri - eravamo tutti disorientati nel dramma Covid. Adesso, ci stiamo già dentro, ma in giro sento aria di superficialità. Lo si intuisce dal fatto che gli accessi non stanno diminuendo».
Dottore, troppi accessi senza motivo?
«Questa estate ho visto tanta incoscienza. I luminari che hanno dichiarato che il Coronavirus era morto hanno generato un senso di ottimismo, di cui in un certo senso abbiamo bisogno, ma le cui conseguenze possono essere drammatiche. Proprio per questo, evitiamo eccessi per gli accessi meno importanti, ma non sottovalutiamo quelli gravi».
Come si deve comportare chi ha febbre e tosse?
«Restare a casa, chiamare il medico di medicina generale, isolarsi dal resto della famiglia e fare il tampone. Il tutto in tre-quattro, massimo cinque giorni. Non serve venire al pronto soccorso a meno che non subentri un’insufficienza respiratoria».
Come si capisce?
«Se prima facevo una rampa di scale senza problemi e adesso fatico e devo fermarmi a metà strada, farei bene ad andare al pronto soccorso, dove saranno effettuate lastra, Tac al torace e gli esami per capire il grado di insufficienza respiratoria. Se è grave, la persona viene intubata e rianimata. Se è lieve, trasferita nel reparto di Malattie infettive e trattata con metodi meno invasivi».
Nel clou della pandemia, il Murri ha richiamato i medici in pensione e chiesto aiuto agli specializzandi. Com’è, adesso, la situazione sul fronte personale?
«Nonostante gli sforzi di tutti, al pronto soccorso, non riusciamo a coprire i turni. A ottobre abbiamo elemosinato straordinari dagli altri reparti, per garantire la presenza di due medici nelle 24 ore. Lunedì scorso, il direttore Livini mi ha dato una buona notizia. Dal 1° novembre arriveranno a Fermo i medici di una cooperativa del nord Italia, che si sono già occupati del Covid nel Bergamasco».
Il privato che aiuta il pubblico, unica soluzione?
«Il problema è che non ci sono medici da assumere. I concorsi dell’Asur vanno deserti. Non è un problema di stipendi da pagare. Manca il personale. Stiamo pagando al Covid un doppio tributo: quello, più diretto ed emotivamente più impattante, di vite umane, e un altro, indiretto e meno misurabile, di impegnare un intero sistema sanitario per una pandemia, sacrificandone la qualità e l’efficienza».
Meglio non ammalarsi d’altro?
«In condizioni normali, in Italia il sistema sanitario è tarato per la nostra popolazione e per i problemi che esprime. Impiegarne una buona parte per il Covid è un tributo che si percepisce meno, ma non meno importante, perché penalizza tutti. Oggi, chi deve ricorrere al sistema sanitario per qualcosa che non sia Covid, lo trova meno pronto alla risposta, perché le risorse sono tutte indirizzate alla gestione dell’urgenza creata dalla pandemia».
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