di Raffaele Vitali
FERMO – L’inno ucraino, alla fine, scalda tutti. Scende in piazza il popolo della pace del Fermano. Ci sono i ‘vecchi’ che per la pace hanno davvero lottato e hanno aiutato a costruirla. Ma ci sono anche i giovani, sotto le bandiere di Libera e Our Voice. Ma soprattutto ci sono gli ucraini, una folta delegazione che ha aperto la manifestazione cantando l’inno, tutti in cerchio e con le bandiere gialloblù che sventolano.
“Qui tutti parlano di pace, ma forse prima bisognerebbe parlare di disarmo” tuona Alessandro De Grazia, segretario della Cgil di Fermo che fa da conduttore nel freddo pomeriggio in cui chi vuole può parlare. Come una coppia che vive a Porto San Giorgio lui fermano, lei ucraina, uniti da decenni. “È cambiato tutto negli ultimi anni. Fino al 2000 in Ucraina si studiava russo, era tutto tranquillo. Poi Putin…” racconta la donna che una cosa la garantisce: “Il popolo ucraino non si arrenderà, piuttosto arriverà a Mosca” (VIDEO).
Uno dopo l’altro i segretari dei sindacati, “vedere i ragazzi con le molotov in mano fa capire che nessuno vuole perdere la sua libertà” ribadisce Alfonso Cifani. I confederali sono i veri promotori, si alternano ai politici, da Buondonno a Piermartiri.
Poi tocca a Polo Calcinaro, sindaco di Fermo: “Qualsiasi persona ha sentito orrore dentro di sé. Pensare che le sirene suonassero nel cuore dell’Europa, pensare che uno Stato potesse pensare di sopraffare un altro con le armi. Questo ci ha colpito, sgomento incredibile. Virtualmente abbraccio i tanti ucraini che sono parte della nostra comunità. Fino a poche settimane fa, quando ci incontravamo parlavamo di una via, di una strada perché come tutti sono parte di Fermo e del Fermano. Per questo non riesco neppure a immaginare cosa significhi vivere questa situazione. Il mio abbraccio va a tutti quanti loro”.
I sindaci in piazza, Canigola, Marinangeli e Marziali, oltre al consigliere regionale Cesetti e all’assessora Baldassarri, promettono vicinanza: “Sarà una briciola, ma noi ci siamo. Siamo pronti ad accogliere chi ha bisogno”. L’appello della piazza è uno: insegniamo la cultura di pace, non solo i trattati di pace dopo le guerre.