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Il mondo del lavoro di Elisabetta Franchi e di Luciana Littizzetto

16 Maggio 2022

Tutti scandalizzati da Elisabetta Franchi.

L’imprenditrice a un evento organizzato da Il Foglio ha dichiarato pubblicamente di preferire nei ruoli dirigenziali lavoratori uomini a donne e quando donne over 40 perché “ancora ragazze, ma cresciute. Se dovevano sposarsi lo hanno già fatto, se dovevano avere figli, li hanno già fatti, se dovevano separarsi, hanno fatto anche quello… per cui io le prendo che hanno fatto tutti e quattro i giri di boa. Sono lì belle tranquille che lavorano con me affianco h24, questo è importante”.

Acceso il faro, i media notiziano del Tribunale di Bologna che giovedì scorso ha condannato l’azienda della Franchi per condotta antisindacale, avendo questa minacciato di sanzioni disciplinari lavoratrici CGIL che avevano dichiarato di volere aderire ad uno sciopero contro la richiesta di straordinari.

Domenica mattina torna sulla vicenda straordinari La Repubblica titolando l’intervista a un’impiegata anonima "A noi donne rende la vita impossibile" con la rappresentazione di una Franchi “arrabbiatissima” per la gravidanza di una sua assistente.

In verità la richiesta di straordinari secondo il medesimo tribunale era secondo legge e quindi legittima e l’intervento tacciato di pregiudizio sulla capacità lavorativa delle donne era una constatazione di realtà a fronte del riconoscimento dell’unicità della donna nella procreazione e della sua responsabilità nei confronti della famiglia, ma la narrazione pubblica pretende il mostro, l’imprenditrice contro le lavoratrici, la donna contro le donne.

Fortuna il pluralismo, se non delle appartenenze politiche almeno delle idee, ed ecco che la domenica sera si chiude con la letterina monologo di Luciana Littizzetto sul caso Franchi a “Che tempo che fa”, che conclude “se faranno qualche legge più a favore delle donne che tuteli la loro specialità cioè quella di fare figli”, si intitoli “legge Franchi”.

Sarebbe stato facile per la Littizzetto appiattirsi sulla satira politicamente corretta del dare addosso alla Franchi e invece l’attrice con ironia ha invitato a riflettere sull’incapacità della politica di fornire risposte concrete alla condizione di chi vuole essere lavoratrice e al contempo non intende rinunciare a essere donna.

La verità è che la cosiddetta politica delle quote di genere, che stabilisce una percentuale minima obbligatoria di generi, solitamente le donne, di qui la definizione quota rosa, in un mondo come quello del lavoro sempre più caratterizzato dalla competitività dei mercati non funziona.

Come non funzionerà la Certificazione della Parità di Genere, novità 2022 in linea con la Missione V del PNRR di "intensificare l'impegno ad eliminare le disparità di genere nel mondo del lavoro e nella vita sociale", presentata a fine marzo dal Ministro per le Pari Opportunità Elena Bonetti.

La certificazione consentirà alle imprese, oltre a sgravi contributivi dell’1% fino a 50.000 euro all’anno, di migliorare la propria posizione nelle graduatorie di accesso a finanziamenti pubblici e nelle gare d’appalto.

Misurare il livello di inclusione per genere in azienda, non significa altro però che rimettere agli imprenditori la soluzione del problema di dover conciliare i tempi di vita lavorativa e personale di ognuno, il che non può essere.

Un imprenditore per sua natura sfida i mercati e quindi chiama se stesso e i suoi lavoratori a fare squadra, a serrare i ranghi, a fare straordinari quindi sacrifici, pure di vincere le sfide che si impongono ogni giorno.

Se il PNRR sarà utile per la parità di genere, non sarà una certificazione all’azienda a risolvere il problema, ma quanti asili pubblici verranno realizzati, quanti corsi scolastici verranno attivati a dare valore alle giornate dei nostri giovani, quante residenze potranno accogliere gli anziani che ci hanno cresciuto, il tutto strutturalmente a sostegno delle responsabilità familiari delle madri e dei padri.

Avv. Andrea Agostini

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