MONTEFORTINO - Tutela delle comunità umane in una relazione armonica con l'ambiente, anche nell'ottica di una sua manutenzione che va ben oltre la mera tutela. Parte da qui il sistema italiano che piace nel mondo e che ha negli Appennini la sua concretezza.
Guido Castelli, quale è il modello di ricostruzione che porta alla Cop 28 di Dubai?
“Non basta ricostruire il Centro Italia colpito dal terremoto, si deve riparare e rilanciare. Per riuscirci va affrontata una criticità che preesisteva al sisma, la mancanza di opportunità sul territorio che porta allo spopolamento”.
Sostenibilità, è fattibile dove il sisma ha lasciato dolore e distruzione?
“”Dopo tante false partenze ora – ribadisce Castelli parlando con l’agenzia Dire - stiamo finalmente realizzando un cambio di passo documentato nei numeri, a cominciare dai 137 milioni che liquidiamo ogni mese. A questo abbiniamo una strategia per il rilancio economico e sociale delle aree colpite dal sisma”.
Ricostruire non basta?
“Bisogna anche riparare, perché non si può lasciare quello che si realizza vuoto”.
Basterà per fermare il calo di popolazione che colpisce da tempo le aree interne?
“Un problema che già si conosceva prima del sisma. noi ci proviamo con una strategia di rilancio che passa dal miglioramento della viabilità, dalla digitalizzazione con le connessioni a banda larga realizzate con Infratel e altro ancora. Contrastando la crisi demografica applichiamo anche una misura di adattamento ai mutamenti climatici, perché quello che accade con il dissesto idrogeologico è anche conseguenza del fatto che abbiamo lasciato deserto e non presidiato il territorio dell'Appenino centrale”.
Lei non ha mai parlato di ‘dov’era come era’, anche questo è parte dell’approccio funzionale?
“Le azioni vanno misurate e progettate secondo le caratteristiche specifiche dei territori interessati, e in questo modo 'combattiamo la crisi del clima e la crisi demografica che in Italia sono spesso facce della stessa medaglia'. La devastazione causata dal sisma 2016 offre un'opportunità, rinnovare profondamente il patrimonio edilizio in modo che risponda prioritariamente a due principi che guardano già al domani: sicurezza e sostenibilità”.
Una montagna più moderna?
“Con il Programma Next Appennino, del valore complessivo di 1 miliardo e 780 milioni di euro (supportato dalla Svem del presidente Santori) stiamo trasformando l'Appennino centrale in un hub di innovazione e di capacità di adattamento rispetto ai mutamenti in atto per gli anni a venire”.
Ecologismo pragmatico?
“In questo condividiamo il percorso con la premier Giorgia Meloni, parliamo di misure di efficienza energetica e premialità per chi costruisce in maniera virtuosa, per la riduzione consumi. Da qui la scelta di puntare sulle CER, le Comunità Energetiche rinnovabili. In questo scenario un tassello fondamentale, fortemente voluto e sostenuto dalla Struttura commissariale sisma 2016, è la creazione di 22 Comunità con il coinvolgimento di più di 50 enti pubblici.
Un modello funzionale per quelle aree?
“Se vogliamo, negli Appennini e in montagna è sempre stato così, con gli usi civici si condividevano i boschi, i pascoli, oggi si condividono le rinnovabili. È parte della storia del nostro territorio, un modello di condivisione che oggi riguarda l'energia, ad esempio, come un tempo ci si divideva l'acqua o il legno. Ci crediamo a tal punto che le finanziamo con 68 milioni di euro”.
Tutto definito?
“Abbiamo approvato a novembre il documento nel quale vengono definite le Linee guida operative destinate agli enti territoriali che vogliono sviluppare impianti da fonti energetiche rinnovabili per la realizzazione e gestione di CER. Uno strumento volto anche a promuovere un crescente ricorso al Partenariato pubblico-privato per la realizzazione delle CER. Significativo il fatto che l'approvazione delle Linee guida è avvenuta il giorno successivo al via libera da parte della Commissione europea al decreto governativo sull'incentivazione alla diffusione dell'autoconsumo di energia da fonti rinnovabili”.
Uomo e natura possono convivere, lei non ha dubbi?
“La presenza umana, in forme e modalità che siano in equilibrio con l'ambiente circostante, può infatti rivelarsi fondamentale per rallentare e contrastare il processo di degrado del territorio (che ha poi conseguenze potenzialmente devastanti anche a valle). Le fragilità (rischio idrogeologico, frane), 'vengono inasprite dall'abbandono dell'uomo e, per limitare questi fenomeni in territori già fortemente soggetti a spopolamento da alcuni decenni, sono dunque necessarie politiche che incentivino le persone a restare”.
Castelli, il suo è davvero un modello che conquisterà la Coop 28?
“Di certo è un modello virtuoso. La nostra strategia è volta a fornire, restituire, implementare, rinnovare i servizi (quelli primari, come scuola e sanità, in primis), migliorare le infrastrutture di viarie e digitali, sostenere il tessuto imprenditoriale locale e, dunque, l'occupazione. In sintesi: si sta creando quell'insieme di premesse che inducano le persone a restare, tornare o venire nell'Appennino centrale. Costruiamo un modello di vita diverso da quello urbano e imperante. Realtà a misura d'uomo, rispettose dell'ambiente circostante, attrattive nei confronti di giovani e non, in grado di percorrere la via dello sviluppo sostenibile”.
r.vit.